Da ‘Novecento’ alla trilogia esotica E lo scandalo di ‘Ultimo tango’
Bernardo Bertolucci è morto ieri a Roma dopo una lunga malattia. Nato a Parma nel 1941, ha diretto capolavori del cinema come ‘Ultimo tango a Parigi’, ‘Il tè nel deserto’, ‘Piccolo Buddha’, ‘Novecento’ e ‘L’ultimo imperatore’. Proprio quest’ultimo film gli valse l’Oscar al miglior regista e alla migliore sceneggiatura non originale – più quelli per fotografia, montaggio, musica, scenografia, costumi e sonoro, 9 David di Donatello, 4 Nastri d’argento e il César per il miglior film straniero. Restando in tema riconoscimenti, nel 2007 gli fu conferito il Leone d’oro alla carriera alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e nel 2011 la Palma d’oro onoraria al festival di Cannes. L’ultimo film da lui diretto è ‘Io e te’ del 2012, tratto dal romanzo di Nicolò Ammaniti. Ma, secondo alcune fonti, stava preparando un ‘Novecento atto III’, capitolo successivo del fluviale ‘Novecento’ del 1976 con cui iniziò la relazione con Hollywood che lo portò alla trilogia esotica, con il già ricordato ‘L’ultimo imperatore’, il viaggio disperato del ‘Tè nel deserto’ e la pace interiore del ‘Piccolo Buddha’. Nel 1996 tornò a girare in Italia con ‘Io ballo da sola’ con Liv Tyler e Jeremy Irons; due anni dopo ‘L’assedio’ che la critica definì un inno al cinema. Nel 2003 ‘The Dreamers’, rivisitazione del maggio francese del ’68, presentato con grande successo alla Mostra del Cinema di Venezia.
Prendo il burro
Per molti Bertolucci è legato ‘Ultimo tango a Parigi’, film maledetto e di culto che il regista cominciò a pensare nel ’71 mettendo su una sceneggiatura una sua fantasia sessuale (l’amore con una sconosciuta incontrata per strada). Dopo il rifiuto del soggetto dalla Paramount, fu il produttore di Sergio Leone, Alberto Grimaldi, a dare fiducia al regista. Proprio l’alto tasso erotico fu la causa di tanti rifiuti – Dominique Sanda e Jean Louis Trintignant, Alain Delon e Jean Paul Belmondo. Alla fine la storia cupa dei due solitari amanti casuali in un pied-à-terre di Parigi trovò i due protagonisti: Marlon Brando (48 anni nel ’72) e la francese Maria Schneider, appena maggiorenne. Il film fu un grande successo di pubblico – e l’unico caso italiano condannato al rogo (furono salvate alcune copie che oggi sono conservate presso la Cineteca Nazionale), poi riabilitato dalla censura nel 1987 con incassi stratosferici e riuscito, nel 2018, in versione restaurata ad alta definizione. Ma è la scena cult della pellicola, quella del rapporto anale tra Paul (Brando) e Jeanne (Schneider), passata alla storia come la “scena del burro”, ad avere avuto per quasi 50 anni una vita propria con pesanti strascichi anche personali. Bertolucci ne ha parlato tante volte perché sin da subito cominciò la leggenda di quelle sequenze. Quando nel 2011 morì a 58 anni Maria Schneider, il regista dichiarò all’Ansa che “la sua morte è arrivata troppo presto, prima che io potessi riabbracciarla teneramente, dirle che mi sentivo legato a lei come il primo giorno, e almeno per una volta, chiederle scusa”. Maria “mi accusava di averle rubato la sua giovinezza. In realtà era troppo giovane per poter sostenere l’impatto con l’imprevedibile e brutale successo del film”. La Schneider ne fu travolta e in un’intervista raccontò che la scena del burro non era in copione ma che fu un’idea di Marlon Brando. Bertolucci alla Cinémathèque francese confermò “di avere deciso insieme a Marlon Brando di non informare Maria che avremmo usato del burro. Volevamo la sua reazione spontanea a quell’uso improprio. L’equivoco nasce qui. Qualcuno ha pensato, e pensa, che Maria non fosse stata informata della violenza su di lei ma Maria sapeva tutto perché aveva letto la sceneggiatura, dove era tutto descritto”. Prigioniera della Jeanne di ‘Ultimo tango’, Maria Schneider per tutta la vita ha portato rancore al suo regista: “Quella scena non volevo farla e mi sono sentita quasi violentata”.