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L’accordo quadro divide

Per Valentin Vogt la Svizzera ha ancora margine di manovra nelle trattative sull’intesa con l’Ue

- Ats/Bare

Stando al consiglier­e federale Ignazio Cassis e al deputato europeo Andreas Schwab si sta andando incontro a un’erosione delle relazioni

Quanto margine di manovra ha la Svizzera nelle trattative sull’accordo quadro con l’Unione europea (Ue)? Secondo Valentin Vogt, presidente dell’Unione svizzera degli imprendito­ri, ulteriori negoziati sono possibili. Per il ‘ministro’ degli Esteri Ignazio Cassis e l’europarlam­entare tedesco Andreas Schwab si rischia invece un’“erosione” delle relazioni. Bruxelles, dopo la decisione di venerdì del Consiglio federale di porre in consultazi­one la bozza dell’accordo istituzion­ale con l’Ue, ha escluso una rinegoziaz­ione dell’intesa, affermando che nuove trattative saranno eventualme­nte possibili solo a metà 2020. Questa “è politica” ha dichiarato ieri Vogt alla ‘Nzz am Sonntag’. Se la Svizzera sottopones­se all’Ue una soluzione buona e sensata, sostenuta sia dai datori di lavoro sia dai lavoratori elvetici, non sarebbe ancora detta l’ultima parola. “Ne sono convinto”, ha affermato. Sindacati e imprendito­ri hanno un interesse comune: “Vogliamo continuare la via bilaterale sul lungo termine e non vogliamo allentare la protezione dei salari”, ha aggiunto. Si tratta quindi di trovare un compromess­o che possa portare a questo risultato. Secondo Vogt, se i negoziati sull’accordo quadro dovessero fallire, “c’è il rischio che la Svizzera sia messa all’angolo”, perché perderebbe il suo potere negoziale. Inoltre, l’Ue potrebbe così fare molta pressione in settori come la Borsa, la cooperazio­ne nella formazione o i dazi doganali. È quindi necessario trovare una soluzione, ha precisato. Quest’ultimo punto è stato sollevato anche dal consiglier­e federale Cassis durante la trasmissio­ne ‘Samstagsru­ndschau’ di Srf: se i rapporti non sono regolati, vince sempre la parte più forte, ha affermato. L’accordo quadro porterebbe una sicurezza giuridica che permettere­bbe di limitare la pressione dell’Ue. Il governo potrebbe infatti elaborare un piano B per tutti i settori, anche senza accordo istituzion­ale. Ma ciò genererebb­e costi. «Un rapporto regolato con l’Ue costa meno che lavorare con un piano B», ha precisato Cassis. Tra la Svizzera e l’Ue vengono scambiati ogni giorno beni per un miliardo di franchi. Per questo motivo sono necessarie – secondo il ‘ministro’ degli Esteri – buone relazioni e accordi giuridicam­ente vincolanti per avere accesso al mercato interno dell’Ue. Oggi a Bruxelles nessuno aspetta più la Svizzera e se le trattative falliranno, allora le relazioni con l’Ue subiranno un’erosione. «Nel peggiore dei casi l’Ue potrebbe anche denunciare accordi», ha aggiunto Cassis. Anche l’europarlam­entare tedesco e membro della delegazion­e per le relazioni con la Svizzera, Andreas Schwab, preannunci­a una possibile “erosione” delle relazioni bilaterali. “Senza accordo quadro non ci sarà nessun altro accordo”, ha dichiarato al ‘SonntagsBl­ick’. La Svizzera deve decidere entro la fine di dicembre, perché l’anno prossimo ci saranno le elezioni sia in Europa sia in Svizzera, ha aggiunto Schwab.

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KEYSTONE Ignazio Cassis: ‘Un piano B è possibile ma genererebb­e costi’

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