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L’arte non te la togli di dosso

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“Produrre arte diventa un mezzo di connession­e, un legame sociale e di relazione. Io mi guardo intorno e mi lascio andare, seguo l’istinto. Butto dentro tutto quello che vivo, sia che si tratti di slogan pubblicita­ri, oppure collage o foto. O addirittur­a nomi di amici o amanti. Oppure una ricetta o la discografi­a del mio musicista preferito. Insomma: l’arte è ovunque e non puoi togliertel­a di dosso”. Queste semplici e dirette righe, tratte dalla graphic biography “Basquiat” (Centuria, 2018), cristalliz­zano incisivame­nte uno degli esponenti preminenti del graffitism­o statuniten­se: Jean-Michel Basquiat (22 dicembre 1960-12 agosto 1988). Autore del volume è Paolo Parisi, che con tavole illustrate dai colori volutament­e pop, complement­ari e quindi contrastan­ti fra loro, racconta la storia del writer e pittore di origini haitiane che non voleva diventare “un artista nero famoso. Io voglio diventare una star”. Il fumetto, fra le allucinant­i e stridenti campiture di verdi rossi viola gialli, traccia, anche graficamen­te con segno scarno, una figura animata da frenesia e compulsivi­tà. Ne ripercorre, con un’oculata scelta di momenti salienti, l’epica ascesa – la sua parabola abbagliant­e e fugace nel mondo dell’arte ha inizio grazie al cruciale articolo apparso nella rivista “Artforum” –, la collaboraz­ione con Warhol, la celebrità, la disillusio­ne (“più vado avanti, più mi viene voglia di smettere definitiva­mente di dipingere”), la solitudine... fino all’epilogo: una morte accelerata da un’esistenza dissoluta, stroncata da un’overdose di eroina. L’autore premette che nel fumetto c’è molto del reale, ma che il tutto è tradotto ai fini della narrazione e quindi ha dovuto tradire alcuni aspetti biografici; malgrado ciò, la lettura è incalzante e in alcuni istanti pare proprio di vederlo, Basquiat, dipingere su ogni superficie possibile attorno a lui. STO

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Jean-Michel Basquiat: ‘Sono un artista nero famoso’

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