Pronzini: ‘Al Tram o è una sceneggiata’. Ma la maggioranza è contraria alla causa
Nessuna causa civile. Il parlamento a maggioranza (38 contrari, 26 favorevoli e una scheda bianca) ha deciso di non portare i consiglieri di Stato davanti al Tribunale cantonale amministrativo per pretendere il risarcimento dei rimborsi spese. Con il voto, svoltosi a scrutinio segreto, la maggioranza ha così respinto la proposta di Matteo Pronzini, e questo nonostante il deputato dell’Mps avesse ottenuto in zona Cesarini l’appoggio dichiarato del gruppo della Lega dei ticinesi. Pronzini in entrata è stato chiaro: con gli “inviti alla restituzione” contenuti nei rapporti della Commissione della gestione non si va da nessuna parte. «Non è una questione di lesa maestà. È semplicemente che non si tiene nulla di ciò di cui non si ha diritto». E se la base legale non c’è, allora si va in tribunale a richiedere importi per diverse migliaia di franchi, sostiene ancora Pronzini. Dal 2008 (il resto è prescritto) gli importi variano: si va dai «12mila franchi di Christian Vitta» ai «94mila di Laura Sadis». E tra somme ballerine e date diverse di restituzione indicate nei rapporti e negli emendamenti (v. sopra) allora a fare chiarezza ci pensi un tribunale, dice Michele Guerra (Lega): «Piuttosto che pasticciare è meglio che a decidere sia un terzo indipendente». A dare ragione al deputato Mps sul fatto che fosse questo il vero nodo da sciogliere anche Alex Farinelli (Plr): «Pronzini dice bene: il parlamento non deve fare sceneggiate, bensì decidere se il Consiglio di Stato deve rispondere al Tram per le sue mancanze. Se si ritiene che vi sia stata illegalità, allora bisogna portarli davanti a un tribunale». Altrimenti – come suggerisce poi il capogruppo Plr – occorre appoggiare il rapporto di maggioranza, che identifica i correttivi e chiede la restituzione di quel che è possibile chiedere. Un margine però non sufficientemente sfruttato per Ps e Ppd, i quali vogliono che la restituzione sia calcolata a partire dal 2013 e 2011, rispettivamente. Sostiene il presidente ‘azzurro’ Fiorenzo Dadò: «Per quanto discutere dei rimborsi dei telefonini sa di ridicolo la questione non può essere banalizzata». Considerato poi che il tutto «poteva essere sanato a più riprese, ma non è stato fatto». Anzi: «Certi atteggiamenti denotano ingordigia e sufficienza».