laRegione

Quanto abbiam bisogno di parole

- Di Beppe Donadio

La voce dei cantautori arriva più o meno dopo quella di mamma e papà. Dunque, non si dovrebbe mai recensire un artista se si hanno conflitti d’interesse. Se, cioè, all’età di 10 anni, da un balcone poco distante dal Comunale di Alassio, si è ascoltata ‘Una città per cantare’ scoprendo che dentro uno stadio si può anche fare musica, oltre che azzuffarsi per futili motivi. Con tutto che a Jackson Browne, anche nella propria di versione, non è mai andata giù la strofa “Alle ragazze non chieder niente, perché niente ti posson dare se il tuo nome non è sui giornali, o si fa dimenticar­e”, il testo italiano di quel pezzo è di Lucio Dalla. Perché è di Dalla che parliamo, ma anche e soprattutt­o di Ron, che mercoledì scorso al Sociale ha riproposto in forma di concerto l’album-tributo ‘Lucio!’. Un Sociale soldout in tempi di chiari di luna che non sono di Beethoven. Lune che la vecchia scuola, evidenteme­nte, non patisce. I nuovi arrangiame­nti come ‘Le rondini’ e ‘Futura’, jamestaylo­riane quanto basta, sono il frutto del gusto del Musicista Ron (ai limiti della perfezione) e di chi lo ha accompagna­to: Giuseppe Barbera al pianoforte, Roberto Di Virgilio alle chitarre, Roberto Gallinelli al basso e al cajon (sì, contempora­neamente). In mezzo alle canzoni, immagini e racconti di e su Lucio, «un genio della musica, anche se di musica non conosceva una nota», così lo aveva introdotto Ron, chiarendo dove finisce il pentagramm­a e dove continua il talento incontamin­ato dalle regole; Lucio “in vacanza alle Tremiti quando scoppiò la guerra in Bosnia” e vede “passare gli aerei”, come da sua voce fuori campo mentre spiega la genesi di ‘Henna’; Lucio che canta da solo ‘Com’è profondo il mare’, e gli altri un passo indietro sul palco. E Ron che di Lucio canta ‘Angelo’, e quel Dio da amare a modo suo. Ad eccezione di ‘Anima’ e ‘Chissà se lo sai’, fa specie ascoltare Ron senza i voli pindarici di ‘Joe Temerario’ e tutto il resto non scritto con Dalla, che a un certo punto (1981) gli disse: “Sei grande abbastanza per scriverti i testi da solo”. Ma è una scelta precisa: «Le ho escluse di proposito. Volevo che fosse una cosa tutta sua», dice Rosalino nel backstage. «Non so se sono stato impeccabil­e. Fino ad ora non avevo mai cantato il suo repertorio». Cosa che può stupire e non stupire affatto. Conflitti d’interesse a parte. Se è vero che di ‘Almeno pensami’ Lucio “sarebbe contento” (lo disse Ron ritirando il Premio della Critica a Sanremo), di un concerto così Lucio sarebbe euforico.

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TI-PRESS Caro Lucio, ti canto

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