T’amo pio bove…
Mezzo mondo ci stava a guardare, noi svizzerotti benestanti e superdemocratici: 45% di cornuti e 55% di scornati. Peccato, era l’occasione per dare un bell’esempio di civiltà e rispetto della natura, non solo a parole, e con poca spesa: una quindicina di milioni di franchi (stimati) da attingere dai 3,5 miliardi di contributi federali annui all’agricoltura (sempre meno dei 4-5 miliardi all’anno per dare il lucido ai nostri cannoni, alle “serate gioiose” dei quadri del nostro esercito e alle trasferte in Super Puma di mogli e fidanzate). Sono già molteplici le offese a natura, dignità e benessere che le nostre mucche devono subire. Il toro, loro naturale consorte, l’abbiamo ridotto a ½ metro di siringa e un guantone di gomma. Dopo nove mesi di gestazione, il vitellino appena nato può essergli immediatamente tolto (neanche una leccatina, una poppata) e rinchiuso in un angusto recinto (visto con i miei occhi). Per aumentarne il rendimento le abbiamo nutrite, animali erbivori per eccellenza, con carne bovina (metti un tigre nel motore) e forse già allora, come oggi per le corna, “(…) il benessere degli animali non ne è eccessivamente pregiudicato” (informazioni del Consiglio federale per la votazione del 25 novembre scorso). In Svizzera è proibito amputare coda e orecchie ai cani, ma il Cf incoraggia la decornazione (bel termine, nuovo di zecca). In compenso il Cf vieta di chiudere i capezzoli dei bovini da esposizione. Nel Sud-Est asiatico si usa fissare una boccia di ottone sulla punta delle corna dei bufali che lavorano nei campi. Un accorgimento che, da noi, potrebbe permettere la convivenza di animali con le corna e stabulazione libera (alla texana), usando magari palle da tennis. “Anche un verme di 2 cm può avere un’anima di 1,5 cm” (detto cinese).
Franco Tognola, Bellinzona