Naturalizzazioni, per i leghisti la legge va aggiornata
Portare da tre a dieci gli anni senza prestazioni assistenziali per coloro che intendono fare domanda di naturalizzazione. Questa è, in buona sostanza, la proposta del deputato Nicholas Marioli (Lega), tramite un’iniziativa parlamentare generica che dovrà essere discussa in Gran Consiglio. Ciò che viene specificamente richiesto dal Gruppo parlamentare leghista è l’inserimento nella Legge sulla cittadinanza ticinese e sull’attinenza comunale (Lccit) del criterio di rimborso delle prestazioni assistenziali percepite negli ultimi dieci anni quale condizione per l’ottenimento della cittadinanza cantonale. Premessa di tale iniziativa è la modifica prevista nell’Ordinanza sulla cittadinanza svizzera (Ocit), entrata in vigore lo scorso febbraio: “Chi nei tre anni immediatamente precedenti la domanda o durante la procedura di naturalizzazione percepisce prestazioni dell’aiuto sociale non soddisfa l’esigenza della partecipazione alla vita economica o dell’acquisizione di una formazione, salvo che le prestazioni dell’aiuto sociale percepite siano interamente restituite.” L’Ordinanza federale lascia tuttavia ai Cantoni la possibilità di prevedere nella propria legge cantonale delle misure più restrittive. E mentre il Canton Ticino ad oggi applica il minimo previsto dalla Ocit, ovvero che nei tre anni precedenti la domanda di naturalizzazione non devono risultare prestazioni assistenziali non rimborsate; di recente il parlamento del Canton Argovia ha approvato a larga maggioranza una modifica della legge volta a chiedere un aumento da 3 a 10 anni per la concessione della cittadinanza cantonale e comunale per le persone al beneficio dell’assistenza sociale. Pure il Canton Grigioni si è mosso in tale direzione. Attualmente in Ticino, indica il testo di Marioli, gli organi preposti in materia di naturalizzazione, principalmente i Comuni, non hanno la possibilità di visionare la documentazione riferita all’assistenza sociale antecedente i tre anni dalla presentazione della domanda. Questa situazione, secondo l’autore della iniziativa, crea la possibilità di abusi nell’ambito dell’assistenza sociale e non permette la trasparenza necessaria per una decisione corretta.