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Un cacciatore paziente

- di Susanna Petrone

La foresta pluviale è piena di rumori. Si sente frinire e cinguettar­e, strillare e starnazzar­e. Percepiamo un fruscio, ma non è chiaro da dove provenga. Eppure, a pochi metri dal suolo, su un ramo c’è un predatore non molto più grande del nostro gatto casalingo, che aspetta il momento giusto per entrare in scena. Parliamo dell’ocelot. Questo felino ha due metodi per cacciare le sue prede: vaga per la foresta fino a quando non gli passa davanti una preda. Oppure usa la pazienza: se ne sta appostato su un punto elevato per osservare chi passa. Può rimanere lì fermo fino a un’ora. Non ha fretta. Sa che non ha la stazza del puma o del giaguaro (suoi nemici naturali insieme a boa, anaconde e caimani) e che quindi deve usare un’altra strategia. Le sue prede preferite: roditori come le lepri o gli scoiattoli; non disdegna anche uccelli, pesci, gamberi, lucertole, ratti e tartarughe. Non deve condivider­e con nessuno i suoi pasti, visto che l’ocelot è estremamen­te solitario. Ogni esemplare ha il suo territorio.

Se il territorio di un maschio si sovrappone a quello di una femmina non succede nulla. Se invece gli intrusi sono dello stesso sesso, allora può nascere qualche conflitto. In media, le femmine danno alla luce un cucciolo ogni due anni, che verrà allevato solo dalla madre. Prima di lasciare il genitore dovrà passare più di un anno. In quel lasso di tempo il cucciolo imparerà

a cacciare, ad avere pazienza, a nasconders­i bene, a evitare gli spazi aperti quando c’è luna piena e a stare alla larga dagli animali più grossi di lui. L’ocelot si trova a suo agio un po’ dappertutt­o: nella giungla umida e torrida, ma anche nelle foreste di montagna avvolte nella nebbia, tra le mangrovie inondate o nella savana arida disseminat­a di cespugli spinosi. Grazie a questa sua adattabili­tà lo troviamo in Texas, Messico e Sudamerica. Ma necessita di spazio e alberi o cespugli per mimetizzar­si. Una femmina ha bisogno fino a due chilometri quadrati per cacciare, mentre il maschio fino a sette chilometri quadrati. Ed è la perdita di habitat che minaccia l’ocelot: deforestaz­ione, costruzion­i di strade, zone che inaridisco­no a causa dei cambiament­i climatici. Oramai questo elegante felino è finito sull’elenco rosso delle specie animali a rischio estinzione. E come se non bastasse, l’uomo lo caccia per il suo stupendo pelo. Per molti anni è stato oggetto di una caccia spietata e anche se in molti Paesi è vietato ucciderlo, i bracconier­i rischiano il tutto e per tutto per recuperare la pelliccia striata e maculata di un ocelot.

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© Anthony B. Rath/WWF L’ocelot, un felino piccolo, ma paziente e veloce

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