L’eredità e il messaggio del Baco
Ci sono persone per cui la passione per la politica non è il frutto di un’eredità familiare, ma il risultato di fattori che talvolta sfuggono a spiegazioni razionali. È il mio caso. È innegabile che la mia passione per l’informazione sia radicata nel fatto che mia madre, immigrata in Ticino nei primi anni settanta, sia da sempre appassionata della radio. La radio accesa prima del caffè che gracchiava le notizie a colazione. Poi a pranzo, il radiogiornale del mezzodì. A me piaceva il telegiornale, seguito con grande attenzione, poi suonavano le campane ed era ora di andare a dormire. Da quella finestra sul mondo, i giornalisti entravano anche nella casa dove sono cresciuto. Spiegavano, commentavano e mi facevano capire le notizie, anche riguardo alla politica. Tra loro, il mio preferito: Corrado Barenco. Così, la politica federale, le votazioni e le giornate di elezioni divennero mie passioni, come la finale di coppa svizzera al Wankdorf, il Real Madrid, le partite dell’Ambrì e dei Granata seguite con l’orecchio appiccicato alla radiolina. Quando da giovane studente della Commercio interessato al giornalismo mi fu offerta la possibilità di partecipare a un corso per giovani attivi nei giornali delle scuole, fui molto contento. Il corso prevedeva anche una visita a Berna, durante la quale avremmo visitato Palazzo federale e incontrato, per intervistarli, dei giornalisti. Incontrai Corrado Barenco, contento come un ragazzino appassionato di tennis che incontra Roger Federer. Ne scaturì un’intervista intitolata “Corrado Barenco: oltre il giornalista, l’uomo”. Ricordo come se fosse ieri che alla domanda riguardo a quale fosse la cosa più importante del mestiere rispose «informare correttamente la popolazione». Da allora, negli anni che mi hanno portato anche a lavorare nel campo del giornalismo, non l’ho mai dimenticato. Anzi, ne ho fatto anche un mio motto. Grazie a qualche incontro e a persone amiche comuni, ho poi scoperto che non avrei più dovuto chiamarlo Corrado Barenco, come piaceva a me, ma Baco. Eppure non ho mai osato troppo perché Corrado Barenco era legato al mio ricordo da ragazzino. Qualche giorno fa, Prisca – incontrata per la prima volta al funerale di Corrado Barenco, o meglio del Baco – ha condiviso il suo ultimo discorso anche con me. Parole che il Baco ha scritto per il suo funerale, cosciente che i suoi giorni, a causa della spietata malattia, fossero giunti agli ultimi sospiri. Un discorso che racchiude un esempio e un messaggio molto importanti, a cui penso sia anche mio dovere dare continuità. «Coerenza nei principi, della giustizia dapprima, nell’informazione giusta per far capire il contesto delle decisioni che venivano prese, nella difesa dei pìù deboli, nella critica senza compromessi a chi questi principi li maltrattava per interessi personali di parte, che mai hanno fatto parte del mio bagaglio culturale. È questo il messaggio che vorrei lasciare nella speranza che ci sia sempre qualcuno che possa dare continuità a tutto questo, come lo si è fatto a Cuba con una società che mette l’uomo e non il soldo al suo centro, nella convinzione che solo con una solida cultura, anche politica, si possa tendere a una società, la più giusta possibile. Hasta la victoria siempre». Queste le parole del Baco, questo il suo messaggio, come molti altri, considero un prezioso regalo di cui essere grati. A noi, ora, il compito di custodirlo con cura, farne tesoro e trasmetterlo affinché continui a vivere. Grazie di cuore Baco. Hasta siempre.
David Marín