Milioni senza contratto
Sono 2,5 quelli spesi dal Cantone tra il 2014 e il 2017 per pasti e alloggio per gli asilanti
Sono gli importi appurati dalla Cpi sul caso Argo 1. Circa 100mila franchi per le lavanderie private
È uno dei temi finiti sotto la lente della Cpi. È uno dei temi – quello della fornitura dei pasti agli asilanti – esaminati dalla Commissione parlamentare d’inchiesta per fare piena luce dal profilo amministrativo e da quello politico sulla gestione cantonale del settore dell’asilo dopo lo scoppio del caso Argo 1, la ditta di sicurezza cui il Dipartimento socialità e sanità (Dss) aveva affidato la sorveglianza dei centri d’accoglienza dei rifugiati. Nel periodo 2014-2017 il Cantone ha speso per vitto e alloggio circa 2,5 milioni di franchi, ha appurato la Cpi tramite il Controllo cantonale delle finanze. Un importo dove confezione e fornitura dei pasti rappresentano il grosso, stimabile (la quantificazione è nostra) tra il milione e mezzo e i due. L’incarico di cucinare e fornire i pasti era stato assegnato a privati dai funzionari del Dss responsabili del settore asilanti. A privati, ovvero a ristoratori, con i quali il Dipartimento non aveva però stipulato alcun contratto. Stesso discorso per il capitolo lavanderie: una spesa di più o meno 100mila franchi. Niente contratti, nessun concorso, né risoluzione governativa neppure per l’assegnazione a privati del lavaggio dei vestiti dei richiedenti l’asilo. Tornando ai pasti, nel 2015 il compito di confezionarli e distribuirli era stato dato a un esercente del Mendrisiotto, che più di una volta aveva sollecitato un contratto. “Non sono diventato ricco e ho sempre dimostrato professionalità. Mi ha cercato il Dss, avevo già lavorato coi richiedenti l’asilo nel Mendrisiotto e a Lodano per un’emergenza quando mancava il cuoco”, aveva raccontato il ristoratore alla ‘Regione’ nell’ottobre 2017. Un incarico diretto per il 2016 da 355mila franchi per i pasti a Camorino e da 61’734 franchi per quelli a Rivera (dove ci sono colazione, pranzo al sacco e cena). Le cifre imponevano un concorso. “Non avevo un contratto, nemmeno due righe, tutto a voce, mi sentivo precario e responsabile verso chi avevo assunto. Ero disposto ad aprire una mensa a Bellinzona, ma volevo essere in regola, dal Dss non ho avuto risposte. A marzo mi hanno scritto che mi avrebbero tolto il lavoro”. E così è stato. Da maggio 2017, i pasti passano alle mense scolastiche di Bellinzona”. L’esercente è una delle persone poi sentite dalla Cpi. Commissione che si appresta a chiudere i propri lavori. Per la settimana prossima sono infatti previste due riunioni: una martedì e l’altra giovedì. Quest’ultima per la firma del rapporto e la sua trasmissione al Consiglio di Stato per una sua presa di posizione. L’intento della Cpi, come da lei stessa comunicato nei giorni scorsi, è di sottoporre le oltre cento pagine del documento alla discussione del Gran Consiglio nella se-
duta che si aprirà il 18 febbraio. Un documento che da quanto appreso dalla ‘Regione’ non risparmia seri rimproveri a coloro che in seno al Dipartimento sanità e socialità erano responsabili della gestione del settore asilanti, e meglio della loro accoglienza. Se in relazione al mandato alla Argo 1, anche questo attribuito (nel 2014) e rinnovato (fino agli inizi del 2017, per complessivi 3,4 milioni di franchi) dal Dss senza risoluzione governativa, i risvolti istituzionali del caso sono stati penalmente chiariti con l’abbandono dei procedimenti decretato dal pg Andrea Pagani nei confronti degli ex funzionari del Dipartimento sanità e socialità Claudio Blotti e Renato Scheurer, alla testa rispettivamente della Divisione azione sociale e dell’Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento, il discorso sul piano politico e amministrativo non è chiuso. Al direttore del Dss Paolo Beltraminelli il rimprovero politico è di non essersi reso conto di ciò che stava avvenendo, fidandosi dei funzionari e della filiera.