Cinque ipotesi fra intesa e disastro
Ora il Governo May ha tre giorni lavorativi per proporre al Parlamento un ‘Piano B’. Al netto di un secondo voto sullo stesso testo, reso improbabile dalla portata della sconfitta subìta ieri, ecco le opzioni ancora sul tavolo.
1. Nuovo negoziato
Il Governo concorda col Parlamento una nuova bozza di accordo. Poi discute il nuovo documento – verosimilmente più rigido sui termini del backstop – con Bruxelles. Sempre che l’Ue ci stia. La mozione invocata dal leader dei Labour Jeremy Corbyn. Per ora molti tory – anche contrari all’accordo – sostengono comunque May. Se invece la mozione andasse in porto, si potrebbe formare un nuovo governo tory o di grande coalizione sotto un’altra guida.
3. Elezioni anticipate
Se non si trovasse un premier condiviso dopo un’eventuale sfiducia, o se la stessa May richiedesse elezioni anticipate per uscire dall’attuale impasse, si potrebbe tornare alle urne già fra pochi mesi.
4. Nuovo referendum
Due le possibili varianti: sì/no alla Brexit (come la prima volta) oppure la scelta fra un’uscita con o senza l’accordo di Theresa May. Al momento pochi oltre alla base dei Labour vorrebbero un nuovo referendum. May non vuole ripartire dal via ed essere accusata di tradire la volontà popolare già espressa.
5. No deal
Il conto alla rovescia per l’uscita scade il 29 marzo. Se intanto non si dovesse trovare un accordo sul da farsi, l’uscita sarebbe automatica, senza rete e verosimilmente traumatica. NB: a parte il ‘no deal’, tutte le alternative implicano di chiedere al Consiglio dell’Ue una proroga della scadenza d’uscita. Un’alternativa più improbabile – e umiliante per Londra – sarebbe la ‘disattivazione’ unilaterale dell’Articolo 50 da parte del governo.