Bruxelles concede tempo, ma non troppo
Bruxelles – “Dicano che cosa intendono fare, e su quella base daremo le nostre valutazioni”. Anche la finzione della solidarietà con Theresa May sembra caduta a Bruxelles. Non è infatti più la sorte della prima ministra britannica a impensierire, come se il (presunto) credito concessole sia ormai dato per perso. Dopo due anni di trattativa, il negoziatore europeo Michel Barnier avrà qualche ragione di dirsi deluso. Ora l’interlocutore è collettivo: parlamento, governo e opinione pubblica britannica, ai quali l’Unione chiede di assumere le responsabilità del caso. C’è una data, il 29 marzo, allo scadere della quale – in mancanza di decisioni diverse – il Regno Unito dovrà considerarsi fuori dall’Unione europea, accordo o no. E ce n’è un’altra, il 26 maggio, quando si eleggerà il nuovo europarlamento, alla quale l’Unione non vuole arrivare con trattative ancora in corso: basti pensare a che cosa significherebbe eleggere parlamentari britannici che di lì a poco dovrebbero lasciare gli scranni, o nominare un commissario con la data di scadenza. Con tutto che anche a Bruxelles si è coscienti che “lasciare sola” Londra potrebbe avere un costo anche a sud della Manica, e che uno scenario alternativo alla Brexit concordata va pure trovato. Ufficialmente, per l’Unione l’accordo affossato dal voto di Westminster non ha motivo di cambiare. Né verrà modificato il “backstop”, il meccanismo di salvaguardia a garanzia di frontiere aperte in Irlanda, come ha ripetuto ieri la portavoce della Commissione europea Margaritis Schinas. Una ipotesi ritenuta plausibile è che Downing Street, nei prossimi giorni, chieda di posticipare l’uscita dall’Ue oltre la data prevista del 29 marzo. Una richiesta che necessiterebbe, per essere accolta, l’unanimità dei 27 membri. Che di questi tempi non è assicurata in anticipo. Quindi sia Londra a muoversi. Secondo fonti diplomatiche citate dalle agenzie, l’Ue potrebbe degnarsi di dare ascolto all’Oltremanica se la richiesta avrà alla sua base “motivazioni chiare e forti”, quali un piano alternativo a quello bocciato, appoggiato da una maggioranza solida, o la convocazione di un nuovo referendum. Forse May.