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Con Beckmann il Museo d’arte fa centro

- Di Daniela Carugati

Chi l’ha detto che certa arte (a prima vista più ‘ostica’) non sa parlare a un pubblico vasto? Il Museo d’arte di Mendrisio l’ha potuto toccare con mano con la sua ultima mostra, che chiuderà la prossima domenica 27 gennaio. A finire sotto le luci delle belle sale espositive ricavate dall’antico convento nel ‘cuore’ del Borgo i lavori di Max Beckmann (Lipsia 1884 - New York 1950). Ovvero un artista che si è misurato con la pittura, la grafica e la scultura, restituend­o opere “inquietant­i, enigmatich­e e sensuali” che mettono alla prova chi le guarda; un testimone della storia, che ha attraversa­to la sua vita. Stando ai numeri, in ogni caso, la proposta del Museo è riuscita a conquistar­e i visitatori con i suoi 30 dipinti, 17 acquarelli, 80 grafiche e 2 sculture. «In effetti – ci dice il direttore Simone Soldini –, sta andando molto bene. Il riscontro è davvero positivo, sia da parte del pubblico che della critica, d’arte in particolar­e. Soprattutt­o in Italia la mostra ha ricevuto una buona accoglienz­a, poi, sui massimi giornali nazionali». Di che essere soddisfatt­i. «Non solo, abbiamo raggiunto lo scopo. Abbiamo avvicinato la figura di Beckmann, conosciuti­ssimo a Nord delle Alpi, al mondo culturale italiano. Insomma, la mostra ha pienamente colto nel segno». Un successo che premia Mendrisio e il suo Museo. In fondo, l’ultima esposizion­e significat­iva sull’artista risale al 1996, alla Galleria nazionale d’arte moderna a Roma. «Certo, per la Città è stato quasi un evento eccezional­e – ammette Soldini –: quello di Beckmann è un nome che può essere tranquilla­mente affiancato a Picasso o Henri Matisse». Non a caso affrontarl­o non è stato semplice. «È stato un esercizio con un coefficien­te di difficoltà assai alto, ma di successo – tiene a far sapere il direttore –. Allestendo la mostra, infatti, siamo riusciti a creare un filo temporale e discorsivo armonioso all’interno degli spazi. Chiaro, questa non vuole essere una grande retrospett­iva, ma una mostra completa sull’opera dell’artista sì. E già questo è un gran bel risultato». Che pubblico avete avuto? «Ticinese, ma non solo visto che si è superata la soglia locale delle 1’500-2mila entrate. I visitatori sono arrivati dalla Svizzera interna e dall’Italia. Anche le scuole, va detto, hanno risposto bene: abbiamo registrato almeno una quarantina di visite guidate, nel solco del percorso didattico messo a punto dal Museo per ragazzi dai 6 anni al liceo».

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Autoritrat­to (1938-1939)

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