Che donne, che regine
‘Maria regina di Scozia’ di Josie Rourke rilegge la vita di Maria Stuarda ed Elisabetta I
In una società dove il potere rimane maschile anche quando sul trono siede una donna, la regista rilegge dal punto di vista femminile la vita delle due sovrane, lasciando sullo sfondo politica e religione Il caso ha voluto che ‘Maria regina di Scozia’ arrivasse nelle sale ticinesi proprio nei giorni della tribolata bocciatura dell’accordo sulla Brexit, con annessi intrighi contro la donna che, per quanto da premier e non da regina, è (per ora) alla guida del Regno Unito. Ed è certo suggestivo in tempi di indipendentismi e sovranismi vari, andare a vedere come i regni di Scozia e Inghilterra si ritrovarono uniti sotto una stessa corona. Oppure, pensando agli integralismi religiosi e a una sempre più incerta separazione tra Stato e chiesa, tornare alle divisioni religiose cristiane e alle trame politiche della chiesa riformata scozzese. Perché si guarda al passato cercandovi il presente, e se questo è vero per la ricerca storica, ancora di più lo è per il cinema, soprattutto quando mette in scena grandi narrazioni come è il caso del film di Josie Rourke, affermata regista teatrale, qui al suo debutto cinematografico. Tuttavia il film si tiene ben lontano da riletture politiche e religiose, lasciando sullo sfondo trame e intrighi per concentrarsi sulle due sovrane, la regina di Scozia Maria Stuarda (la magnifica Saoirse Ronan) e la regina d’Inghilterra Elisabetta I (l’altrettanto brava Margot Robbie, grande attrice anche se spesso irriconoscibile sotto il trucco). Per fortuna, verrebbe da dire, anche se la scelta ha comportato qualche sacrificio: pensiamo al poco spazio lasciato al predicatore John Knox, interpretato da un ottimo David Tennant, o agli intrighi che – nonostante la sceneggiatura di Beau Willimon, autore della serie statunitense ‘House of Cards’ – passano un po’ in sordina, appassionando solo a tratti. Si potrebbe poi analizzare la fedeltà del film che, pur basandosi sulla biografia scritta da uno storico, John Guy, si prende alcune licenze – oltre a pettinature sempre perfette e visi sempre ben curati, anche dopo viaggi per mare, prigionie, battaglie e parti –, ma è pur sempre una produzione hollywoodiana. Ad ogni modo, il film inizia con il ritorno in Scozia della diciottenne Maria Stuarda, da poco vedova del re di Francia Francesco II. La corona di Scozia è sua di diritto, nonostante il fratellastro – reggente per conto degli inglesi – sia solo all’apparenza disposto a cederle il potere. Ma Maria Stuarda – per complicate faccende di successione che o si passa metà film a consultare Wikipedia o conviene dare per scontate – avrebbe i titoli per rivendicare anche la corona d’Inghilterra, minando l’autorità della cugina Elisabetta I. Ma, nella rilettura di Josie Rourke, a separare le due sovrane non sono tanto le ambizioni politiche e neppure la religione (cattolica la prima, anglicana la seconda), bensì il modo in cui le due donne affrontano una società dove il potere rimane maschile anche quando la corona è in testa a una donna. Se Elisabetta rinuncia alla propria femminilità, rifiutando di sposarsi e avere figli nel timore di venire destituita una volta partorito un erede, Maria resiste e cerca di tenere insieme l’esser donna e l’esser sovrana – combattendo con fierezza, ottenendo qualche vittoria ma alla fine soccombendo a tradimenti, ribellioni e cospirazioni. Temi, presenti in tutto il film, che vengono prepotentemente fuori durante l’unico incontro tra le due sovrane. Incontro mai avvenuto nella realtà, ma la forza cinematografica della sequenza – seconda, nel film, solo al finale, con l’esecuzione di Maria Stuarda – vale la trasgressione storica. In questa sua rilettura, il film di Josie Rourke è più femminile che femminista. Perché certo i personaggi maschili sono perlopiù meschini – in particolare il secondo marito di Maria, l’inetto Lord Darnley (interpretato dal bravo Jack Lowden), ma l’elenco potrebbe essere lungo e certo non limitato alla corte scozzese –, ma più che accusare e rivendicare il potere maschile, ‘Maria regina di Scozia’ vuole semplicemente raccontare la vita di una sovrana capace e carismatica, riabilitando la statura politica di Maria Stuarda da secoli di pregiudizi e accuse di promiscuità sessuale. Lo spirito del tempo lo si vede anche nella scelta del cast, fin troppo politicamente corretto – con neri, asiatici e un transgender – per essere un film ambientato nella Gran Bretagna del Cinquecento, ma la regista – che ricordiamo viene dal teatro – non ha tutti i torti a rivendicare il diritto di scegliere gli attori che trova più adatti alla parte, indipendentemente dalla loro etnia.