Aaron Hernandez, da esempio per i giovani a omicida-suicida
Quando nel 2012 Junior Seau, uno dei più popolari giocatori della Nfl, ritiratosi appena due anni prima, si suicidò con un colpo di pistola al petto, la notizia fece molto scalpore e portò a parlare, forse per la prima volta, del male oscuro che affligge gli ex gladiatori della Nfl. Male oscuro che qualche anno più tardi assunse il nome di Cte e che, adesso lo si sa, prima di portare alla demenza, può comportare depressione e azioni imprevedibili, spesso violente. E questo potrebbe spiegare un’altra tragedia che ha profondamente toccato il mondo della Nfl: il caso di Aaron Hernandez. Scelto nel 2010 da New England, formò per alcuni anni, al fianco di Rob Gronkowski, la più formidabile coppia di tight end della Lega. Fino all’estate 2013, quando fu arrestato per l’omicidio di Odin Lloyd, giocatore semi-professionista e legato alla sorella della fidanzata di Hernandez. Nel 2015 fu condannato all’ergastolo per omicidio volontario e il 19 aprile 2017 venne trovato impiccato nella sua cella. Il cervello dell’ex studente della Florida University venne in seguito ceduto alla scienza e dalle analisi effettuate fu possibile stabilire che il giocatore soffriva di Cte di grado 3 su una scala di 4. In pratica, come precisò José Baez, avvocato della famiglia Hernandez, Aaron presentava un avanzamento della malattia solitamente riscontrabile in persone di 67 anni. E lui, al momento del decesso, di anni ne aveva appena 27. Affermare che le azioni violente di Hernandez siano state la diretta conseguenza della degenerazione cerebrale in atto risulta forse eccessivo, ma è praticamente certo che le condizioni di salute abbiano in qualche modo influito sul comportamento di un ragazzo che nel 2013 era stato premiato con il riconoscimento Inspiration To Youth, vale a dire quale fonte di ispirazione per tutti i giovani. La sua è soltanto una delle molte storie tristi che offuscano l’immagine di una Nfl che per troppo tempo ha giocato con la salute dei suoi eroi.