Il giornalismo ha valore
I big dell’online dovrebbero remunerare gli articoli prodotti dai giornali
È quanto prevede la futura legge elvetica sul diritto d’autore attualmente in revisione. Un’iniziativa analoga c’è anche a livello Ue.
«È certamente un passo nella giusta direzione, quello fatto dalla commissione del Consiglio degli Stati che ha deciso di inserire nella revisione della legge sul diritto d’autore la possibilità di chiedere ai grandi aggregatori di notizie online – come Google e Facebook, ma non solo – un riconoscimento economico del lavoro giornalistico fatto dagli editori». Così Giacomo Salvioni, presidente per il Ticino dell’associazione degli editori Stampa Svizzera. «Siamo consci che il progetto di riforma è ancora lungo e che dovrà ancora superare il voto dell’omologa commissione del Consiglio nazionale (quella della Scienza, dell’educazione e della cultura, ndr) e infine quello parlamentare. Non sarà probabilmente risolutivo per l’annosa questione dell’utilizzo di contenuti giornalistici da parte dei big tecnologici globali come Google, Facebook o Twitter, ma è sicuramente un tentativo che va percorso per cercare di colmare l’erosione di entrate che colpisce la carta stampata a vantaggio dell’online», aggiunge Salvioni. Tentativi che del resto stanno cercando di fare anche nell’Unione europea con la direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale – approvata già in due letture dal Parlamento europeo – che è in attesa del voto definitivo nelle prossime settimane. Indicazioni che vanno proprio nella direzione di cercare di remunerare i contenuti giornalistici ma anche quelli audiovisivi (Youtube e altre piattaforme di distribuzione video e audio). In Europa la lobby dei big tecnologici non ha fatto mistero di non gradire i provvedimenti legislativi decisi da Bruxelles e che saranno poi recepiti dai singoli Stati membri dell’Unione europea. La stessa Google ha pubblicato varie pagine pubblicitarie a pagamento sulla stampa continentale con cui si invitava a non limitare l’accesso ai contenuti web. Anche Wikipedia, la più grande enciclopedia libera al mondo, teme che in futuro la circolazione di contenuti sia schiacciata sotto il peso dei grandi editori (e delle stesse aziende tech), a discapito della libertà di espressione e di aziende di dimensioni minori. Big tecnologici e libertari della rete formano la strana alleanza che si oppone a questa direttiva, ma le ragioni sono diametralmente opposte: i primi non vogliono condividere parte dei loro profitti con gli editori classici, ai secondi non piacciono gli editori tout court. Ricordiamo, in sintesi, che la riforma del copyright europeo stabilisce che giornali, riviste e agenzie di stampa possano essere remunerati quando il loro materiale è riutilizzato in rete. L’articolo 11 della direttiva prevede che è esente dal diritto d’autore l’uso da parte dei siti di singole parole o estratti molto brevi di una pubblicazione. Una versione più soft rispetto alla precedente (soprannominata dai contrari ‘link tax’), la quale prevedeva che la possibilità di pubblicare i cosiddetti ‘snippet’ (i ritagli di articolo che copiaincollano titolo e prime righe di un articolo, rimandando poi al link) fosse vincolata a una licenza proprio per gratificare economicamente il lavoro svolto da altri. Nei prossimi mesi, ma prima delle elezioni europee di maggio, è previsto il famoso ‘trilogo’, ovvero il processo di aggiustamento delle direttive che avviene tra Commissione (l’esecutivo Ue), Consiglio europeo (i singoli governi) e Parlamento che dovrebbe trovare un’intesa definitiva sul dossier.