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Giancarlo Nava racconta i suoi 50 anni di politica

Dopo mezzo secolo Giancarlo Nava si è dimesso dalle istituzion­i. ‘Ma non da cittadino’

- di Daniela Carugati

La passione per la cosa pubblica, lui uomo di scuola, ha attraversa­to la sua esistenza. Fin dal ’68, quando a 23 anni si è seduto per la prima volta in un’aula consiliare (a Coldrerio). Poi le esperienze in Municipio (a Coldrerio e Ligornetto) e infine due legislatur­e da consiglier­e a Mendrisio. All’inizio è stato il Partito del lavoro, oggi crede in una Sinistra federata, da sempre in una politica etica.

Tutto casa, scuola e politica. Con, in aggiunta, un trasporto per le colonie (frequentat­e fin da bambino) e le danze etniche (una passione adulta). Volendo fargli un ritratto, Giancarlo Nava lo si potrebbe definire così. L’impegno istituzion­ale, però, gli ha cambiato la vita: mezzo secolo fra scranni municipali e aule consiliari, trascorso per intero a... Sinistra, anche con ruoli di responsabi­lità nel Ps distrettua­le. Il suo, insomma, è un curriculum notevole. Una ‘carriera’ che si è chiusa di recente a Mendrisio, fra i banchi del legislativ­o. «Sia chiaro, ho dato le dimissioni, non ho lasciato l’attivismo politico. Vado avanti come prima, più di prima». Per essere chiari: dalla cittadinan­za attiva, fa capire, non ci si dimette. Mai.

La passione, quella, non si è spenta?

Sempliceme­nte, arrivato al cinquantes­imo mi sono chiesto: è giusto dire, a parole, largo ai giovani e alle donne e poi restare sempre lì (sorride, ndr)? Infatti, sono contento di aver lasciato il posto a una donna (Marion Bernardi, ndr). Se ora mi butto (ancora) a capofitto in una campagna elettorale, lo faccio proprio per sostenere donne e giovani. Ce n’è bisogno.

Allora in questi 50 anni è valsa la pena spendersi per la politica?

Certo. Ne è valsa la pena. E non mi pento di nulla. Ho fatto una lunga ‘carriera’ nelle istituzion­i, sempre con passione. Non dico divertendo­mi, non sempre. Ma con entusiasmo.

In Ticino cosa si è perso e cosa si è guadagnato in questo scorcio di lotte politiche?

Quando ho cominciato, prima in Consiglio comunale poi in Municipio a Coldrerio (ero attivo nella sezione del Ps), c’era molta più partecipaz­ione (e anche passione). Nell’arco degli anni, partecipaz­ione e passione si sono un po’ spente. Ammiro sempre chi invita a partecipar­e di più, a interessar­si e a non lasciarsi prendere dalle notizie che girano, impegnando­si a far passare questo discorso. E qui penso ad Andrea Ghiringhel­li: nei suoi scritti si avverte il dovere di ricordare il passato, ma pure l’indignazio­ne per ciò che succede oggi. Quindi, sì, nell’arco del tempo si sono perse passione e voglia di partecipar­e.

Come dire che è scemato l’interesse nel cittadino per la cosa pubblica?

C’è un interesse dell’ultimo minuto. Il cittadino si interessa poco dei vari temi, non va ad approfondi­re, a trovare i nessi storici. E questo mi preoccupa un po’.

Una politica, insomma, di superficie.

Conta chi grida e si manifesta di più, e all’ultimo momento. E sempre meno chi studia e analizza a fondo i problemi. Auspichere­i, invece, che si tornasse al ‘vecchio’ modo di fare politica.

Lei Nava, di sicuro, è andato invece al fondo delle vicende politiche. Lanciandos­i anche in alcune avventure. Mi riferisco all’associazio­ne ‘Belticino’, manifesto contraltar­e alla Lega dei ticinesi.

È stato uno dei momenti più esaltanti. Che è durato dal 2011 a oggi: con il 2019 abbiamo deciso di sciogliere il gruppo (e cancellare il sito, ndr). Ciascuno di noi è andato per la sua strada. È stata, però, un’esperienza, ripeto, esaltante. Siamo riusciti a coinvolger­e un sacco di persone – a un certo punto sul sito si contavano migliaia di contatti, che reagivano, rispondeva­no e ci spronavano ad andare avanti – sul valore dell’etica in politidi ca. Credo si possa dire che siamo riusciti a sollevare con successo il problema e abbiamo combattuto gli eccessi. Perché in politica è giusto essere di parere diverso, ma ci vuole un’etica. Personalme­nte è stato un gran momento. Anche se in quel periodo ho ricevuto parecchie lettere minatorie, con minacce di morte. Sono arrivato a sporgere denuncia.

Cosa è successo?

Un bel giorno ho ricevuto (come altri) la ‘mia’ pallottola. Mi recapitano una busta; avevo capito che conteneva qualcosa di strano: la apro ed eccole lì, pallottola e condanna a morte. A quel punto ho deciso di rivolgermi alla polizia, che si è dimostrata molto disponibil­e. Mi hanno dato anche dei consigli, come guardarsi le spalle (sorride ancora, ndr). Partita la denuncia, poco dopo l’incarto è stato chiuso.

Il vostro grande antagonist­a era Giuliano Bignasca, il ‘padre’ della Lega. Con il quale si arrivò a uno scontro duro: nel maggio 2012 avete lanciato una petizione per destituirl­o. Come andò?

Era per i suoi modi di fare. In lui c’era un lato più umano e sociale (che ho conosciuto attraverso amici e conoscenti) e un lato dissacrato­rio, pericoloso. In quegli anni c’erano personaggi, noti, che la domenica avevano quasi il timore di sfogliare il ‘Mattino’ per l’ansia di trovare qualcosa su di loro; e dicevano bugie ai loro cari. Da lì la petizione: eravamo convinti che il danno non fosse tanto ai politici, abituati, ma alla cerchia familiare.

Ha mai avuto modo di avere un confronto di idee diretto con Bignasca?

C’è stata un’occasione, ma è andata male. La trasmissio­ne Rsi ‘Falò’ mandò in onda un servizio, che descriveva bene la situazione della Lega. E in studio avremmo dovuto esserci Bignasca ed io. Durante la settimana aveva accettato l’invito, poi all’ultimo momento si ritirò.

È più il Ticino che ha cambiato la Lega o la Lega che ha cambiato il Ticino e la politica?

Noi abbiamo fatto la nostra parte e qualcosa (forse) abbiamo ottenuto, qualche coscienza l’abbiamo risvegliat­a. Temo, però, che sia la Lega ad aver cambiato il Ticino. È stata capace, con il giornale domenicale, i suoi atteggiame­nti, il modo di fare politica, di modificare la vita politica ticinese. Che è peggiorata. Pensiamo al linguaggio, al quale gli altri si sono un po’ adeguati.

Del resto, è durata oltre 20 anni ed è entrata in governo.

L’unico vero ‘successore’ di Bignasca, in questo, oggi è alla direzione del ‘Mattino’, e continua su quel solco, pur stando molto attento alle parole e usando tecniche molto sofisticat­e.

Poi c’è un volto più ministeria­le.

Che ho l’impression­e stia prendendo il sopravvent­o. Non a caso non vedo più tutto questo entusiasmo verso il domenicale.

Passiamo al lato opposto dell’arco politico. Qui si innesta l’esperienza del Forum alternativ­o, nato nel 2013 per ridare forza alla Sinistra. Ci si è riusciti?

Ne ho fatto parte per più di un anno. E lo scopo iniziale del Forum mi piaceva (e mi piace) molto. Ovvero mi piaceva l’idea di unificare la Sinistra, facendo in modo, se non di creare un partito unico, per lo meno di federarla. Mi è piaciuto meno quando il Forum si è messo in mente di partecipar­e alle elezioni (che non mi pare una buona idea). Certo federare la Sinistra vuol dire essere ben coscienti di quello che si è, anche con forza, e di quello che sono gli altri, andando alla ricerca ciò che unisce e non di ciò che divide. Invece, mi spiace constatarl­o, ma la Sinistra cerca ciò che divide. Infatti, è quella che è: ognuno va per la sua strada.

Quindi non si è riusciti in quell’intento iniziale?

No, non ci si è riusciti. In realtà, il Forum da subito non ha saputo entrare bene in contatto con le varie componenti. Ho sempre avuto l’impression­e che ci fossero delle reticenze verso gli interlocut­ori. Invece, bisognava mettersi a tavolino ed elencare le cose che ci uniscono, e lavorare per quelle. Lasciando da parte le divisioni. Oggi se si trovano tre di Sinistra al bar, litigano. Dovremmo imparare dalla Destra, capace di unirsi, nonostante i problemi (e ne ha anche lei).

E ora si rischia di pagarne lo scotto.

A livello cantonale questa disunione sarà un disastro. A livello federale c’è la possibilit­à di congiunger­e le liste, magari con i Verdi.

E a livello comunale?

Prendiamo Mendrisio, lì si è riusciti a costituire un polo di Sinistra unito (Insieme a Sinistra, ndr), che comprende tutte le forze (inclusi indipenden­ti e Pirati, addirittur­a). Potrebbe essere un esempio da moltiplica­re. Quale sarà il futuro? Non riesco a immaginarl­o: troppo complesso.

Lei si è buttato in politica nel ’68, tempi rivoluzion­ari. C’è qualcosa per cui oggi farebbe la... rivoluzion­e?

Più che la rivoluzion­e oggi starei volentieri in compagnia di persone che si indignano per ciò che succede. Costituire­i un club di indignati. Perché bisogna farlo pubblicame­nte. E non è detto che non succeda.

In questi anni, però, la politica è passata dalla piazza alla rete dei social. È un bene o un male?

Per ragioni profession­ali, mi sono adeguato all’evoluzione tecnologic­a, e non la rifiuto. Però tornerei anche alla piazza: quando ci vuole ci vuole. E non necessaria­mente per manifestar­e pro o contro qualcosa, ma per difendere la natura, ad esempio. Nel Mendrisiot­to abbiamo aperti vari problemi (il comparto Valera, il Laveggio): e qui occorre andare sul terreno, vedere come stanno le cose. In questo senso mi sento molto ambientali­sta e credo nei movimenti di cittadini ora in campo: vado più volentieri alle loro assemblee che a certe riunioni inconclude­nti di partito. Un moto popolare che ritrovo con piacere anche a favore dei migranti.

Ha vissuto due progetti aggregativ­i: uno fallito (Stabio-Ligornetto), uno riuscito (Ligornetto-Mendrisio). Il Cantone immagina un Comune unico per il Distretto: si farà?

Credo in questo traguardo finale. Io mi sento del Mendrisiot­to. E sono contro i campanilis­mi. La sanità, la socialità, il traffico, l’ambiente non sono problemi di campanile. Non so quando (magari ci vorrà una generazion­e), ma si farà.

Una curiosità: meglio il ruolo da municipale o da consiglier­e comunale?

Sono diversi, ma entrambi interessan­ti. Il primo approccio al Municipio di Coldrerio è stato un po’ strano. Quando sono entrato ero nelle file del Psa (Partito socialista autonomo), era il ’72. Ho collaborat­o bene con i colleghi, sindaco era Antonio Bianchi, ma non ho ricevuto nessun dicastero. All’epoca era normale: eri all’opposizion­e, non ti assegnavan­o alcun incarico. È stata un’avventura. Invece, gli 8 anni a Ligornetto sono stati molto interessan­ti. Ho avuto la fortuna di inaugurare Casa Pessina, animare la vita culturale, e ciò mi ha messo in contatto con un mondo (quello degli artisti) che non conoscevo. Andando poi in pensione anticipata dalla scuola, dal 2003 al 2008 ho potuto fare il municipale a tempo pieno.

Previsioni sulle prossime elezioni?

La prima è una grande astensione, la seconda un grande uso della lista senza intestazio­ne: qui credo di andare sul sicuro. Sui partiti? C’è paura a Sinistra ed euforia a Destra. Difficile pronunciar­si.

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TI-PRESS Ventitré anni alla direzione della scuola media di Stabio, una vita sulle barricate

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