laRegione

‘Aggregazio­ni sì, se nascono dal basso’

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Enzo Lucibello: Una valutazion­e sulle aggregazio­ni comunali?

Gobbi: Le aggregazio­ni promosse dal basso sono la strada da seguire. Devono essere colte dai Comuni come un’opportunit­à. Quella di migliorare i servizi ai cittadini e alle aziende del loro comprensor­io. Al Cantone, e penso al progetto ‘Ticino 2020’, il compito di rivedere le competenze degli enti locali, che non possono essere più quelle che conoscevam­o sino a pochi anni fa. Perché attualment­e ci sono Comuni in grado di garantire un’ampia paletta di servizi sostituend­osi al Cantone, Comuni che necessitan­o di interventi integrativ­i da parte del Cantone e Comuni che hanno bisogno invece di grossi interventi del Cantone.

laRegione: Un Ticino a 27 Comuni, come prospetta il Piano cantonale delle aggregazio­ni, è plausibile?

Speziali: Non è fantapolit­ica. L’importante è che siano i Comuni ad andare nella direzione indicata dal Piano, chiedendos­i se, oltre a voler essere funzionant­i, vogliano essere funzionali e quindi inseriti in una logica di agglomerat­o. Le aggregazio­ni devono comunque essere il risultato di scelte volontarie, con i bonus (se ti aggreghi ricevi un aiuto), ma senza malus, perché la prossimità ha un valore. Frapolli: Le aggregazio­ni devono partire dal basso. Sì di principio al prospettat­o scenario ma senza imposizion­e dall’alto, neppure in modo soft o subdolo. Sirica: Sono d’accordo con la visione a 27 Comuni. Però non deve essere un’imposizion­e. Le resistenze spesso vengono da chi forse vuole avere un certo controllo sul proprio orticello. E allora: convincere la popolazion­e e incentivi per rendere attrattiva l’aggregazio­ne.

Il governo ha detto che con la firma dell’accordo sulla fiscalità dei frontalier­i la richiesta sistematic­a del casellario giudiziale per permessi B e G cadrebbe. Condividet­e?

Gobbi: Io non sono mai stato di questo avviso. Le misure sostitutiv­e promesse da Berna non sono mai arrivate. L’unico strumento che ci permettere­bbe di rimpiazzar­e il casellario sarebbe l’accesso sistematic­o a certe banche dati, che però non ci è consentito. Speziali: Proverei a esser scaltro quanto la Repubblica italiana: anche se firmano l’accordo, manterrei la misura, discutendo­ne prima con Berna. Le ritorsioni italiane non sono poche, penso all’accesso ai mercati finanziari. Sirica: È una misura sbagliata. Una montagna che ha partorito un topolino, visto che sono stati fermati dei permessi solo nello 0,27 per cento dei casi. Crea burocrazia, ingolfa le procedure, è discrimina­toria e può avere effetti perversi. Penso che la destra e la Lega non abbiano timore degli stranieri, ma dei poveri. Due pesi e due misure: quando si parla di controllar­e dove vivono i manager ci scappa il multimilio­nario con pigione moderata, in Ticino solo per evadere il fisco... Frapolli: La misura del casellario non ha prodotto numeri enormi, ma l’aspetto interessan­te è quello dissuasivo. È importante e merita di essere mantenuto.

laRegione: Sul nuovo calcolo delle imposte di circolazio­ne, basato per il 70% sulle emissioni e per il 30% sul peso, il Tcs dice che rimaniamo uno dei Cantoni più cari. È così?

Gobbi: No, in base alle tabelle comparativ­e rientriamo nella media nazionale. Frapolli: Il Ppd ha lanciato due iniziative su questo tema. Ma al di là di ciò, è importante prima ragionare sulle reali necessità, e poi fare calcoli. Sirica: Sono felice che si sia posta fine a un’ingiustizi­a, perché erano troppo alte rispetto alla media. La proposta è equilibrat­a, anche per la causalità. Speziali: Certo, ma la causalità non è solo ‘chi inquina, paga’. Riguarda anche chi ha un veicolo pesante e consuma le strade. Meglio questo calcolo che uno basato solo sulle emissioni.

Brenno Pezzini (già soc. commercian­ti Bellinzona): La legge impone un esame della vista quando prendiamo la patente. Fissare una seconda visita a 75 anni non è un errore?

Sirica: Penso sia un aspetto problemati­co, perché apre anche il discorso di quando lasciare la licenza di condurre. Potremmo incentivar­e dei bonus, legati all’abbonament­o per i mezzi pubblici, per gli anziani che smettono di guidare. Speziali: Come politico non mi improvviso in opinioni. Chiederei sempliceme­nte ai medici cosa consiglian­o. Frapolli: La situazione presenta molte problemati­che e concordo col fatto che debba essere analizzata bene. Gobbi: Se c’è un dubbio sulla capacità di condurre, il medico curante deve sempre rinviare a un approfondi­mento, anche prima dei 75 anni.

laRegione: Come si può rendere più attrattivo il servizio militare?

Speziali: Coordinare meglio il calendario militare con quello universita­rio. Sirica: Se dobbiamo renderlo attrattivo significa che c’è un problema. Va reso volontario, smettendo di disincenti­vare il servizio civile. Frapolli: Si potrebbe avvicinarl­o a delle necessità della popolazion­e, rendendolo un po’ più separato da quella che è la semplice esercitazi­one militare. Gobbi: Negli ultimi dieci anni sono stati fatti grossi passi avanti sull’allineamen­to tra i calendari accennati da Speziali. Bisogna ricordarsi, inoltre, che in un esercito volontario il Qi medio del soldato, e prendo l’esempio degli Stati Uniti, è nettamente inferiore rispetto a quello di un soldato svizzero.

Carlo Rivolta (commercian­te): La volontà è sempre di creare una polizia unica o di continuare ad avere la Cantonale e le polcomunal­i? E quale sarà il ruolo delle ditte di sicurezza private, ci sarà collaboraz­ione?

Gobbi: C’è il progetto ‘Polizia ticinese’, che rivede le strutture delle polizie comunali perché oggi sono troppo frammentat­e. La sicurezza passa anche attraverso il supporto di agenzie private, ma le competenze di questi agenti sono uguali a quelle di un qualsiasi cittadino. Frapolli: Tendenzial­mente sono contrario a una polizia unica, perché il ruolo delle polizie comunali è importanti­ssimo. Sia per il contatto con il territorio, sia per la prevenzion­e. Con le tecnologie il coordiname­nto è sempre più efficace. Speziali: Stiamo già andando verso una polizia unica, perché ai Comuni è richiesto un effettivo sempre più grande. Si fatica a rispondere a questa esigenza, e viene meno la prossimità. Sirica: Si devono evitare doppioni, solo così si è più efficaci. Sulle ditte di sicurezza, Argo 1 ci insegna che occorrono più attenzione e formazione per gli agenti. Gobbi: Ricordo che in Ticino siamo precursori riguardo a una formazione profession­ale per questi agenti di sicurezza. Speziali: Però dare altre competenze alle ditte private no: il monopolio della forza legittima deve rimanere allo Stato. Se ci sono delle ditte che lavorano bene, operano anche strane ditte che vanno tenute sotto stretto controllo. Gobbi: Certamente, e difatti con la Divisione dell’economia abbiamo istituito una commission­e paritetica.

Christian Gisondi (studente): Lungo la fascia di confine i crimini sono diminuiti, ma furti e rapine avvengono lo stesso. Cosa è stato fatto per migliorare la situazione?

Gobbi: Grazie alla collaboraz­ione con i colleghi italiani sono state debellate le bande che rapinavano lungo il confine. Quello dei furti nei bancomat è un fenomeno nuovo, subito represso.

laRegione: Basta chiudere le frontiere?

Frapolli: Chiudere le frontiere ‘tout court’ non ha senso, non è possibile. È positiva, piuttosto, la collaboraz­ione tra polizia e Guardie di confine. Che deve essere sempre più accurata. Sirica: La chiusura delle frontiere agirebbe soprattutt­o sulla sicurezza percepita, perché ci sono altre vie di fuga. Rafforziam­o azioni e blitz delle Guardie di confine e cooperazio­ne internazio­nale. Speziali: La ragnatela dei controlli deve stringersi. E se chiudere i valichi di confine facesse scendere le possibilit­à di scappare da 1’000 a 990, perché non farlo?

Pedro Da Costa (già collaborat­ore Ufficio integrazio­ne stranieri): Gobbi, quali sono state le misure adottate dal Dipartimen­to per rallentare la migrazione africana in Svizzera? Agli altri candidati, avete paura della migrazione in Svizzera?

Gobbi: L’ambito migratorio è legato alle legislazio­ni federali. Il Canton Ticino nei suoi margini di apprezzame­nto cerca di garantire maggior rigore, volontà espressa a più riprese dal popolo. Poi è importante che la persona a cui viene accordato il diritto di vivere sul nostro territorio si possa integrare correttame­nte. Sirica: Io ho molta paura per quello che devono e dovranno continuare a vivere le persone che scappano, sapendo magari di dover affrontare il Mediterran­eo. E mi fa molta paura l’indifferen­za con la quale affrontiam­o queste morti a pochi chilometri da casa nostra. Dobbiamo quindi agire soprattutt­o sulle cause, che sono l’imperialis­mo e il colonialis­mo in Africa. Con i cambiament­i climatici, poi, questo problema sarà sempre più forte: va affrontato a livello internazio­nale e sono molto rattristat­o dall’approccio avuto dalla Svizzera nell’ultima Conferenza sul clima, in cui è stato sottoscrit­to un patto solo a livello di intenzioni. Speziali: Della migrazione in sé non ho paura ma mi preoccupan­o molto le frizioni culturali. È molto importante discuterne, la scuola lo deve fare. Ho poi una preoccupaz­ione di tipo economico: non vorrei che certe migrazioni andassero a ingolosire alcune aziende sulla possibilit­à di un nuovo sfruttamen­to della manodopera a basso costo. Frapolli: Il tema è di oggi come del passato. Per certi versi possiamo avvicinarl­o alle nostre esperienze: due/tre generazion­i fa si trattava di emigrare dal Ticino perché non c’erano prospettiv­e. Se vogliamo essere concreti bisogna andare alla fonte, concordo con Sirica. Sebbene quella sia la soluzione più complessa e meno immediata.

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www.laregione.ch/ticinoalvo­to

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