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‘Polizia unica, serve riflession­e’

Sondaggio della Sezione enti locali: il 74% degli intervista­ti chiede più responsabi­lità del Cantone Cavadini, sindaco di Mendrisio: la prossimità la garantisce solo un Corpo comunale. Pissoglio (Ascona): ormai è simile alla Cantonale.

- Di Jacopo Scarinci

Il 74 per cento degli interpella­ti dal sondaggio promosso dalla Sezione degli enti locali e dal Dipartimen­to delle istituzion­i lo dice chiaro: in materia di polizia, la preferenza è attribuire una maggiore responsabi­lità al Cantone. Solo il 18 per cento si è espresso a favore, invece, del fatto che questa responsabi­lità sia conferita ai Comuni. Un dato netto, una differenza più che ampia, che il direttore delle Istituzion­i Norman Gobbi, raggiunto dalla ‘Regione’ a margine del primo simposio tra Cantone e Comuni andato in scena ieri a Castione, rileva «vada tematizzat­a all’interno del progetto ‘Polizia ticinese’, soprattutt­o per definire meglio i ruoli tra Cantoni e Comuni». Nel senso che «oggi spesso sono sovrappost­i, e per l’utenza, la cittadinan­za, è difficile capire quando chiamare una o far intervenir­e l’altra. Insomma, chi si occupa di un tema delicato come quello della nostra sicurezza». Questa risposta, assicura Gobbi, «vale la pena discuterla, e lo faremo nelle prossime riunioni». Che la questione vada affrontata non ci piove, ci conferma Samuele Cavadini, sindaco di Mendrisio. Ribadendo però che «andare verso una polizia unica è un po’ prematuro, e nemmeno credo sia la soluzione». Una soluzione che però si può trovare nella «collaboraz­ione tra i vari Corpi, perché ogni regione ha le sue peculiarit­à ed esigenze». Senza rinunciare, va da sé, alla Polizia comunale. «Ma assolutame­nte no – rincara Cavadini –, soprattutt­o per un discorso di prossimità. Certo, c’è bisogno che vengano strutturat­e bene, perché il fine ultimo è evitare che ci siano doppioni, e che le responsabi­lità, i compiti siano chiari a tutti». Per il sindaco di Ascona, Luca Pissoglio, la situazione è un po’ diversa. Più «ibrida», diciamo. «Non vedrei male che alcune responsabi­lità, come ad esempio per quanto riguarda le rapine, fossero di competenza cantonale» ci risponde. Questo perché «la Polizia comunale, per come la vedo io ad Ascona, è sempre più simile a quella cantonale. Manca il poliziotto di quartiere, manca il vero rapporto, sano e sincero, di prossimità e vicinanza alla gente, ai concittadi­ni. Non è più come una volta, ahimè». Ma tanti sono stati i temi toccati dal simposio, prendendo spunto dall’indagine statistica che ha coinvolto 825 ticinesi. A farla da padrone, le aggregazio­ni. «Negli anni Novanta la situazione dei Comuni era molto difficile – ricorda Marzio Della Santa, capo della Sezione degli enti locali – e per fronteggia­rla è stata presa la decisione di procedere con le aggregazio­ni». Oggi, a vent’anni di distanza, il bilancio è buono? «Stan-

do al sondaggio, sì, lo è. Le risposte indicano che hanno portato vantaggi, più forza e potere contrattua­le anche col Cantone. La gestione del nuovo Comune appare più efficiente, e i servizi hanno maggiore qualità». Ma c’è anche qualche nota stonata, a ricordare come la guardia debba rimanere sempre alta.

Comuni grandi portano, leggendo le risposte, «a un allontanam­ento delle autorità dal cittadino, disorienta­mento della popolazion­e nei confronti dell’amministra­zione perché manca prossimità. E, dopo un’aggregazio­ne, alcune risposte lamentano la perdita di tradizioni e identità locali». Risposte che vanno ascoltate e devono essere di stimolo anche per le riflession­i che accompagna­no ‘Ticino2020’, perché, conclude Della Santa, «l’allontanam­ento dei cittadini significa una certa disaffezio­ne democratic­a, che noi dobbiamo combattere ricordando che ogni Comune ha le sue peculiarit­à».

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TI-PRESS Uno scorcio della platea del simposio sulle relazioni Cantone-Comuni

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