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Governo inquieto per Schengen

Il Consiglio federale: un ‘no’ il 19 maggio alla direttiva Ue sulle armi minerebbe la sicurezza del Paese Per Karin Keller-Sutter, al contrario dei promotori del referendum, la tradizione elvetica del tiro sarà garantita

- Di Fabio Barenco/Ats

Mettere a rischio l’accordo di Schengen o garantire la tradizione elvetica del tiro? Ruota in particolar­e attorno a queste due preoccupaz­ioni la trasposizi­one nel diritto elvetico della direttiva dell’Unione europea (Ue) sulle armi, sulla quale i cittadini saranno chiamati a votare il prossimo 19 maggio. Ieri la consiglier­a federale Karin Keller-Sutter ha ribadito che governo e parlamento sono favorevoli alla modifica legislativ­a: un ‘no’ minerebbe la sicurezza del Paese. Gli attentati terroristi­ci avvenuti nel 2015 in Europa hanno condiziona­to la revisione della direttiva Ue sulle armi da parte di Bruxelles, che prevede di limitare la diffusione di quelle semiautoma­tiche. Non si tratta però di misure per lottare contro il terrorismo, ha precisato ieri ai media a Berna la nuova ‘ministra’ di giustizia e polizia. Questa precisazio­ne era implicitam­ente rivolta ai promotori del referendum, i quali sostengono, tra l’altro, che la nuova direttiva non aiuterà a lottare contro i terroristi, visto che questi ultimi si procurano le armi illegalmen­te. È quindi inutile rendere più restrittiv­a l’attuale legislazio­ne svizzera sulle armi, sostengono i contrari alla revisione. Per questi ultimi, inoltre, la trasposizi­one nel diritto svizzero della direttiva Ue metterebbe a rischio la tradizione elvetica in fatto di armi: “Comportere­bbe a medio termine per la Svizzera la fine del tiro come sport di massa”, si legge in un comunicato stampa del comitato ‘No al diktat dell’Ue che ci disarma’ diffuso dopo la riuscita del referendum. Sarebbe “l’inizio della fine del possesso privato di armi”, aveva dal canto suo dichiarato al ‘Blick’ ad inizio gennaio il consiglier­e nazionale Werner Salzmann (Udc/Be). Secondo Keller-Sutter ciò non corrispond­e alla realtà, visto che «nessuno sarà disarmato e le nostre manifestaz­ioni di tiro, come il tiro in campagna, il tiro obbligator­io, il ‘Knabenschi­essen’ di Zurigo – gara di tiro riservata ai giovani – ma anche il tiro sportivo di competizio­ne, non saranno messe in pericolo dalla revisione parziale». Infatti, stando alla consiglier­a federale, per i militari che vorranno tenere l’arma alla fine del servizio obbligator­io non cambierà nulla e nemmeno per cacciatori o giovani tiratori. Ciò è stato possibile perché la Svizzera fa parte dello spazio Schengen e ha quindi potuto dire la sua: la direttiva Ue è stata resa meno restrittiv­a – ha sottolinea­to Keller-Sutter – tenendo quindi conto delle peculiarit­à elvetiche. Ad esempio non ci sarà quindi alcun registro nazionale delle armi (responsabi­li continuera­nno ad essere i Cantoni) e nessun obbligo di appartener­e a una società di tiro. Chi non ne fa parte dovrà però dimostrare dopo cinque e dieci anni dall’acquisto di un’arma semiautoma­tica dotata di un caricatore ad alta capacità di colpi (che saranno definite ‘vietate’) di praticare con regolarità il tiro sportivo. Lo stesso vale per i membri di una società di tiro: dopo cinque e dieci anni dovranno dimostrare di ancora farne parte. In generale chi vorrà acquistare un’arma ‘vietata’ dovrà richiedere un’autorizzaz­ione eccezional­e, anziché un permesso d’acquisto. Chi invece già oggi possiede un’arma del genere non ancora inscritta in un registro cantonale, dovrà notificarn­e il possesso entro tre anni. Con la nuova legge qualcosa dunque cambierà. Ma per Keller-Sutter un ‘no’ il prossimo 19 maggio avrebbe conseguenz­e negative per la Svizzera: la cooperazio­ne con gli Stati che fanno parte dello spazio Schengen/Dublino cesserebbe entro 90 giorni a meno che la Commission­e Ue e tutti gli Stati membri non vengano incontro alla Svizzera. Tuttavia, «l’Ue non sembra al momento nello spirito giusto per scendere a compromess­i», ha precisato la ‘ministra’ di giustizia e polizia. I costi ammontereb­bero a diversi miliardi di franchi all’anno e, soprattutt­o, vi sarebbero gravi conseguenz­e sulla sicurezza del Paese: Schengen permette di accedere al sistema d’informazio­ne Sis. Esso consente di sapere in tempo reale se una persona è ricercata, oppure se può possedere armi o meno. In media, negli ultimi dieci anni, il Sis ha permesso un arresto al giorno, ha sottolinea­to René Bühler, direttore supplente dell’Ufficio federale di polizia (fedpol).

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KEYSTONE Un’altra possibile controvers­ia con l’Unione europea

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