Val Colla, chiude il negozio: ‘Troppo caro’
La gestione punta il dito contro le associazioni di zona, che respingono le accuse
Affermazioni di carattere “diffamatorio, bugiarde e oltremodo offensive”. La chiusura del negozio ‘Alimentari Santy’ di Maglio di Colla è avvenuta fra le polemiche. In primis quelle della gerente – Santina Bicci-Schnetzler –, che ha parlato di boicottaggio da parte delle associazioni di zona. Ora, queste ultime – Amici della Val Colla, Circolo ricreativo al Ritrovo, Carnevale el Colèta, Genitori Val Colla e Sezione Pescatori Valli del Cassarate – replicano. “La chiusura del negozio (aperto nel febbraio 2017, ndr) non è in alcun modo imputabile al mancato sostegno delle associazioni” osservano. La donna aveva infatti affermato che queste non si sono rifornite da lei, preferendo far la spesa a Tesserete, Lugano o in Italia. A causa inoltre di “faide e diatribe di paese” sarebbe mancato il supporto necessario per andare avanti. Accusa smentita anche questa: “Sono fatti risultanti da simpatie e antipatie di carattere personale, le quali esistono da che mondo è mondo e a tutte le latitudini; le associazioni hanno continuato a rifornirsi presso l’emporio senza giustamente tenerne conto”. Si citano per esempio le merendine per i doposcuola organizzati dall’associazione Genitori, prodotte dalla Società carnascialesca e altre per la mensa scolastica. Smentito infine che “a seguito degli avvicendamenti all’interno delle associazioni sono stati sospesi gli acquisti presso il negozio, così come asserito dalla signora”. Piuttosto, nella nota sono i gruppi di valle a criticare la donna per il suo presunto “atteggiamento negativo e in talune occasioni offensivo nei confronti di parte della comunità”, per la sua scarsa frequenza alle attività della vita comunitaria, per “vendite in concorrenza con la ristorazione indigena”. E poi, i prezzi di vendita “in taluni casi veramente eccessivi”, come per esempio il pane pagato a 9 franchi al chilo. Altro punto imputato sono gli orari di apertura della bottega, la mancanza di servizi alternativi come le consegne a domicilio, che avrebbero potuto aiutare l’attività in quartiere con una configurazione geografica sfavorevole come la Val Colla, “con le singole frazioni sparse e distanti l’una dall’altra”. Pur dicendosi rattristati che una residente “abbia fallito nella sua impresa”, le associazioni rispediscono quindi al mittente le accuse, mettendo i puntini sulle i. “Il commercio al dettaglio – si legge infine – deve soddisfare le esigenze del potenziale cliente, adeguandosi alla situazione geografica dei diversi villaggi dispersi sul territorio e non limitarsi a speculazioni e a false speranze di commercianti inesperti e impreparati. Nel caso specifico la signora può unicamente recitare un mea culpa senza incolpare e diffamare gratuitamente le associazioni, la valle e il Comune”. In chiusura l’auspicio che dalla vicenda si possa trarre insegnamento.