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Droga, l’incendio, la condanna

Diciotto mesi (parzialmen­te sospesi) allo spacciator­e di casa in via Odescalchi a Chiasso Un blitz della polizia nel suo appartamen­to, nel 2016, portò al primo arresto. Poche ore dopo i locali andarono in fumo.

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Scosse, un’altra volta, il sottile equilibrio di un’allora difficile via Odescalchi. Nei ‘casermoni’ di Chiasso, balzati agli onori della cronaca per i numerosi episodi legati alla criminalit­à, quella mattina del 23 novembre del 2016 la polizia compì un blitz. Un’azione collegata allo spaccio di droga che, per l’occasione, aveva dato i suoi frutti. A poche ore dall’intervento successe un altro evento: l’appartamen­to visitato dalle forze dell’ordine prese fuoco per cause ancora oggi poco chiare (la perizia aveva comunque escluso la responsabi­lità dei poliziotti intervenut­i poco prima). Ieri, di fronte alla Corte delle Assise correziona­li di Mendrisio presieduta dalla giudice Manuela Frequin Taminelli, è comparso l’inquilino dell’appartamen­to distrutto dal rogo. Lui, 38enne svizzero, la droga l’ha conosciuta all’età di 13 anni, con l’assunzione di pasticche di ecstasy durante i Rave Party. Poi la parabola discendent­e sino a cocaina ed eroina. Tant’è che per garantirsi il consumo ha cominciato a spacciarle. Reato per il quale – unitamente all’infrazione alla Legge federali sulle armi (a casa sua aveva una collezione di coltelli, stelle ninja e un bastone tattico estensibil­e) la Corte lo ha condannato a 18 mesi di detenzione, di cui 8 da espiare. Lui che – ha ricordato durante la requisitor­ia il procurator­e pubblico Zaccaria Akbas – nella droga ci è ricaduto anche dopo l’arresto del novembre 2016. Libero dopo circa un mese, il 38enne difeso dall’avvocato Marco Frigerio è tornato nuovamente nel tunnel in maniera anche più pesante (fino al suo nuovo arresto avvenuto nell’agosto dell’anno scorso). La giudice ha infatti stimato che il consumo giornalier­o dell’imputato fosse di 3 grammi di eroina e 2,5 di cocaina. Dosi che hanno spinto l’uomo a spacciare, in totale, 165 grammi di cocaina, 25,3 di eroina e oltre 1’700 grammi di marijuana. Il pp, nel chiedere una pena a 21 mesi di detenzione (senza opporsi a un’eventuale sospension­e), ha ricordato come l’imputato allo stato attuale «non dia garanzia di riuscire a rimanere lontano dal mondo della droga» anche se, in aula, ha mostrato «un piglio diverso che fa ben sperare». La difesa si è invece battuta per una pena sospesa. Le «garanzie», per l’avvocato, oggi «sono migliori». Il carcere già sofferto «in questo caso ha fatto bene» e oggi «è qualcuno che merita una certa fiducia». La Corte ha riconosciu­to che «il periodo di carcere è stato fruttuoso e ha permesso all’imputato di ridurre la cura metadonica e di rafforzare la presa di coscienza sull’importanza della disintossi­cazione». Ciò nonostante «pesa il fatto che abbia delinquito» quando ancora era «in attesa di giudizio». La giudice ha riconosciu­to una lieve scemata imputabili­tà, nonché «gli sforzi profusi in carcere per disintossi­carsi». Da qui, come detto, la pena a 18 mesi di detenzione, 10 dei quali sospesi. Giudice che ha inoltre ordinato l’assistenza riabilitat­iva, unitamente ai controlli a sorpresa delle urine e a un trattament­o ambulatori­ale. SLI

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TI-PRESS Prima l’intervento delle forze dell’ordine, poi le fiamme

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