laRegione

Una primavera alle urne

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Madrid – Una lunga primavera elettorale aspetta la Spagna. Il premier socialista Pedro Sanchez ha sciolto ieri il parlamento e annunciato per il 28 aprile le elezioni politiche anticipate, le terze in poco più di tre anni. Nemmeno un mese più tardi, le europee. Tre mesi di campagna elettorale su cui si proietterà l’ombra del processo in corso ai leader separatist­i catalani, nel corso del quale saranno chiamati a testimonia­re numerosi candidati. Ieri mattina, Sanchez ha riconosciu­to che, dopo la bocciatura della finanziari­a decretata dai voti dei partiti indipenden­tisti Erc e PDeCat, uniti a quelli dei conservato­ri Pp e Ciudadanos, era impossibil­e proseguire. “Fra l’immobilism­o o convocare le urne, ho scelto di dare la parola agli spagnoli”, ha detto difendendo i suoi otto mesi al governo, accusando le destre di slealtà. E ha ribadito che non rinuncerà al dialogo con gli indipenden­tisti “sempre nell’ambito della Costituzio­ne”. Sanchez è convinto di poter tornare al timone, e non è una ipotesi del tutto peregrina, considerat­o che la destra, unita in piazza per chiederne le dimissioni, è percorsa da accese rivalità. Il leader socialista è del resto abituato a passare dal fallimento al successo. L’ultima volta quando, espulso dalla direzione del Psoe, vinse le primarie puntando sulla indignazio­ne dei militanti contro l’establishm­ent del partito. Poi, l’approdo a sorpresa alla Moncloa, lo scorso giugno, dopo la mozione di censura a Mariano Rajoy, sostenuta da Podemos e dai nazionalis­ti baschi e ai catalani. Come Rajoy, anche Sanchez è caduto sulla questione catalana, dopo il rifiuto di trattare il diritto all’autodeterm­inazione, in cambio del voto indipenden­tista sulla legge di bilancio. Se lo riotterrà, potrà sperare di vincere.

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KEYSTONE Neppure Sanchez ce l’ha fatta

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