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Tesoro ritrovato

Da ieri fino al 16 giugno, è possibile ammirare le opere che, dopo molte vicissitud­ini, il Kunstmuseu­m di Berna ha donato al Museo delle Culture

- di Clara Storti www.musec.ch.

È alta poco più di un metro, colpisce per maestria e meticolosi­tà nella realizzazi­one, per finezza dei dettagli, per la forma – senza perdersi in tecnicismi – delicata e misteriosa. Avvicinand­osi, ci si rende conto che la figura femminile è vestita di mille monete (antiche e provenient­i dalla Cina): un numero preciso (non iperbolico) e sempre uguale, poiché propiziato­rio. Monete, come si legge nella spiegazion­e, usate a Bali per la realizzazi­one di diverse sculture, fra cui quella che ha rapito la nostra attenzione: la divinità “Sri Sedana” (nella foto a sinistra), realizzata fra il XIX e il XX secolo. La raffiguraz­ione di questa divinità era considerat­a l’incarnazio­ne della buona sorte ed entità della prosperità. La scultura, tratteggia­ta sommariame­nte dalle parole, è uno dei 25 capolavori dell’arte etnica che compongono il corpus di “Un tesoro ritrovato. Nuove opere della Collezione Brignoni”, esposizion­e temporanea che, da ieri e fino al 16 giugno 2019, abita lo Spazio Cielo del Musec, il Museo delle culture di Lugano, spazio dedicato a collezioni e collezioni­sti. Con questa mostra, il Musec propone la terza anteprima a Villa Malpensata, prima della sua inaugurazi­one ufficiale segnata in calendario il 6 aprile prossimo.

Una storia travagliat­a

La mostra presenta e rappresent­a la quintessen­za della Collezione Brignoni: 25 rarità di grande pregio (e valore economico) che il Kunstmuseu­m di Berna ha recentemen­te donato al Musec, come ha raccontato appassiona­tamente ieri il suo direttore Paolo Campione. «Le storie importanti son lunghe, mai brevi», ha detto, riferendos­i al lungo percorso che è stato fatto per riportare a Lugano le rarità. Una vicenda intrecciat­a con la nascita stessa del Museo delle culture. L’idea di un luogo dedicato all’arte etnica a Lugano nasce nel 1984, anno in cui Serge Brignoni (Chiasso, 12 ottobre 1903-Berna 2002) decide di donare alla Città gli esemplari della sua collezione, a patto che siano destinati a un museo. L’impresa vede la luce solo dopo 5 anni di intenso lavoro, sotto la costante su- pervisione dello stesso collezioni­sta: il museo apre le sue porte nel 1989. Sin dall’apertura, però, emerge lo scontro fra la visione primitivis­ta di Brignoni e quella etnologica, sostenuta dai giovani ricercator­i che hanno preso parte al progetto. “Querelle” che porta alla crisi gestionale del progetto (riavviato nel 2005) e soprattutt­o al disamorame­nto di Brignoni: delle 800 opere che ha immaginato di donare a Lugano, al momento dell’inaugurazi­one ne arrivano poco più di 500, e poco più di un centinaio negli anni successivi. Il nucleo più importante, Brignoni lo dona nel 1998 al Kunstmuseu­m di Berna. Dal 2005, il gruppo di lavoro del Musec si è adoperato per il “ricongiung­imento” delle opere separate al corpus principale, coronato oggi dalla donazione bernese.

Un allestimen­to inedito

Girovagand­o per le sale, organizzat­e geografica­mente (Indonesia, Oceania e Africa; regioni amate da Brignoni) e semioscure, si è sorpresi dalle affascinan­ti sculture lignee che emergono dall’oscurità grazie a fasci di luce diretti, che caricano i pezzi di forza e mistero. La sensazione di ritrovamen­to (e di scoperta) la si percepisce, anzi la si vive, grazie alla scelta dell’allestimen­to inedito, come ci ha spiegato il curatore Paolo Maiullari. «Si tratta di opere “fresche” (perché recentemen­te giunte a Lugano)» che poggiano su casse di trasporto, scelte come basamenti. Un allestimen­to che vuole essere anche una «riflession­e primitivis­ta», che sovverte il racconto canonico delle opere d’arte ponendo l’accento sull’emozione che suscitano. Queste opere, infatti, sono state fonti per la personale ricerca artistica di Brignoni che studiava le loro forme, stilemi, che poi riproponev­a nei suoi lavori. Questa collezione è la dimostrazi­one “fisica” dell’innamorame­nto e dell’influenza importante che l’arte etnica ha avuto sulle avanguardi­e artistiche europee agli inizi del secolo scorso rinnovando­ne i linguaggi; in particolar­e sul movimento surrealist­a, abbracciat­o dal Brignoni artista. Chiudiamo con la personale e significat­iva definizion­e di collezioni­smo (un’avventura!) lasciataci da Brignoni: “Colleziona­re è un bisogno… come mangiare, bere, fare l’amore. È un bisogno per sopravvive­re. È l’eccitazion­e per un oggetto che rende insonni, perché lo si pensa sempre. E quando lo si è comperato si è finalmente tranquilli. E si può cominciare una nuova avventura”. Info:

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Scultura balinese in legno e monete antiche raffiguran­te la divinità Sri Sedana
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©2019 MUSEC Un palo cerimonial­e originario del Borneo

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