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L’amaro calice della Coppa

- Di Dario ‘Mec’ Bernasconi

Sabato amaro per le due squadre ticinesi impegnate nelle semifinali di Coppa: i Lugano Tigers sono stati asfaltati dall’Olympic, mentre il Riva ha perso in casa contro il Winterthur. Per i bianconeri una gara da incubo: quando… sono scesi dal bus, l’Olympic era già avanti di 27 punti, 37-12 dopo il primo quarto. Quando sono “entrati” in campo, si fa per dire, la partita era già finita: 72-37 al 20’. Molto altro da dire non c’è, a meno di scomodare le statistich­e del primo quarto che sono eloquenti su quanto successo: l’Olympic ha avuto 14 su 19 al tiro, con 10 su 14 nei liberi; il Lugano 2 su 16 e 5 palle perse. Ovviamente ci sono non poche consideraz­ioni da fare. Mentre il Lugano ha giocato senza James, l’Olympic ha schierato un nuovo straniero, Timothy Derksen, una guardia che ha preso il posto di Watt e Timberlake mandati a casa: 24 minuti, 16 punti, 4 assist e 4 rimbalzi, mica bruscolini. Chiarament­e l’assenza di James è stata l’elemento catalizzat­ore: mancando dell’uomo di equilibrio in area, l’unico in grado di contrastar­e Touré, e ottimizzat­ore in attacco, il Lugano all’inizio ha dovuto affidare l’area a “Stecchino” Wilbourn, fatto regolarmen­te a fette e poi messo in panca. Se, in queste avversità, non funziona nemmeno il tiro, è subito notte e così è stato. Perché quando ti ritrovi al primo disperato timeout sul 14-2, e due minuti dopo sul 25-2, e si era solo al 5’, la testa è non solo nel pallone ma nell’aria che lo circonda. E il naufragio è stato inesorabil­e, con i burgundi a colpire con regolarità: alla fine, 33/49 da 2, 10 su 22 da 3 e 21 su 29 dalla lunetta, al cospetto del 18/38, 10/30 e 10/16 dei bianconeri. Ciliegina sulla torta delle differenze, 45 punti dalla panchina burgunda, zero punti da quella bianconera. Amen. A Riva era di scena quel Winterthur secondo in classifica e messo alle corde per quasi 40 minuti una settimana fa in campionato. Ma quello arrivato a Riva era ben altro: il recupero della Tomezzoli e l’inseriment­o della giovanissi­ma Luap, hanno cambiato le prospettiv­e. Fattori questi, uniti alla differenza di fisicità e di altezza, che alla fine hanno fatto pagare dazio alle ragazze di Montini. Certo è che se Bibbins fosse stata un po’ più incisiva, sia nella fase difensiva, sia in attacco, soli 10 punti, le cose avrebbero potuto forse cambiare faccia. Perché sul piano tattico le momò si sono mostrate migliori rispetto alle zurighesi, spesso in difficoltà a trovare spazi adeguati per andare a canestro. Poi, come detto, sui secondi tiri e a rimbalzo, le ospiti hanno fatto la differenza. Bella anche sfida, con 28 punti a testa, fra una grande Morgan e la forte Jones. Mentre quest’ultima ha avuto il sostegno di 9 punti da Gilday e Luap e 8 dalla Sakica, il Riva ha avuto solo 16 punti complessiv­i dalle ticinesi, dove Augugliaro (5 punti), ben controllat­a dalla Sakica, ha avuto pochi spazi tranquilli. Nel primo quarto c’è stato equilibrio, 14-16 all’8’, poi allungo ospite fino al 17-25 al 10’. Secondo quarto con il +15 in entrata, 17-32 al 2’, ha condiziona­to le momò, divario maturato anche a metà gara, 2845. Dopo il -16, 30-46 al 2’, rabbiosa rimonta di Morgan e compagne, 8-0, e -7, palla in mano. Ma il Winterthur ha prontament­e reagito, tornando a +12 con due azioni da 3, 44-56 per chiudere il quarto sul 46-59. Ultimo quarto con una miriade di errori da ambo le parti, 8-7 il parziale, la dice lunga sulla qualità delle conclusion­i e 12 di scarto alla fine, 54-66. Un Riva comunque festeggiat­o dalle oltre 250 persone accorse, con tutto il settore giovanile in bella mostra e con una prova di sicuro orgoglio e determinaz­ione. «Sono soddisfatt­o per quello che le ragazze sono riuscite a fare in campo – ha commentato Montini a fine gara –: quando hai una squadra con meno di 19 anni di media e sei capace di tener testa ad avversarie scafate e toste, è un bel segno di crescita. Avessimo avuto qualche contributo in più da qualche giocatrice, forse ce la saremmo giocata sino alla fine e chissà».

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TI-PRESS/GOLAY Weidon Bibbins cerca di divincolar­si dal controllo di Nicolette Gilday e Labrittney Jones

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