Agustoni e Durisch: c’entra anche il contenimento dei costi
«La vera colpa di Paolo Beltraminelli? Essersi comportato più da uomo di Stato che da uomo di partito». Così il capogruppo del Ppd Maurizio Agustoni che, durante il dibattito andato in scena ieri in Gran Consiglio, ha posto l’accento sul fatto che «il direttore del Dss si è assunto anche responsabilità che non erano sue, avrebbe potuto scatenare una caccia all’untore». E invece no, «Beltraminelli si è preso anche responsabilità altrui». Dei funzionari che hanno gestito il caso, «funzionari che però non erano dei normali passanti capitati lì per caso. Chi aveva responsabilità operative aveva un’esperienza pluriennale, e un consigliere di Stato deve fidarsi». Compito della politica per Agustoni «è tracciare gli obiettivi, ma spetta al funzionario concretamente provvedere a come raggiungerli». Fermo restando che un capo, in questo caso Beltraminelli, «deve rispondere di ogni problema che si verifica, non si può ragionevolmente pensare che un consigliere di Stato debba immaginarsi problemi procedurali quando la stessa Cpi ha evidenziato, durante il periodo preso in esame e interessato da carenze formali, un risultato pratico positivo». Considerando che l’origine della questione è da cercarsi anche nella «ossessione per il contenimento dei costi». Improntato a «trarre insegnamento» dalla vicenda è invece l’intervento del capogruppo del Ps Ivo Durisch, che comunque concorda con Agustoni: «Il contenimento dei costi e la rincorsa al prezzo più basso non garantiscono il corretto funzionamento delle cose, e neanche la legalità e il rispetto delle regole» e va inoltre potenziato «il ruolo del Controllo cantonale delle finanze». Il quale, ricorda Durisch, «si era accorto delle manchevolezze a livello di documentazione, ben prima che il caso esplodesse. Ma non ha gli strumenti per intervenire direttamente, gli vanno dati». Posto che «siamo convinti che la responsabilità politica del direttore del Dss sia chiara», all’origine di tutto «c’è l’approssimazione e sottovalutazione del problema fin dal primo giorno». Per Matteo Pronzini (Mps) «i cinque consiglieri di Stato dovrebbero avere il coraggio di dimettersi».