Un piano B per la ricerca
La Svizzera teme di restare fuori dal programma Horizon Europa
Si studia una intesa con il Regno Unito, che a sua volta rischia l’esclusione a causa della Brexit. Kalt: ‘Non possiamo permettercelo’.
Berna – Con qualcuno bisognerà pur continuare a fare ricerca. Esclusa già nel 2014 da Horizon 2020 – il ricco programma europeo – dopo il voto del 9 febbraio, la Svizzera (che solo dopo difficoltose trattative vi venne riammessa nel 2016) teme di venire esclusa anche dal nuovo Horizon Europe, il programma che dal 2021 al 2027 assicurerà centinaia di miliardi alla ricerca degli istituti europei di punta.
In tal caso non sarebbe tuttavia da sola: il Regno Unito, in conseguenza della Brexit, potrebbe a sua volta essere tagliato fuori dalla cornice europea. Perdendo entrambi non soltanto le opportunità di scambio e cooperazione comunitari. Motivi sufficienti – ha scritto ieri la ‘Nzz am Sonntag’ – a spingere la Confederazione a studiare un piano alternativo, che consenta almeno di garantire la cooperazione con Londra nel campo della ricerca. Non vi sono conferme ufficiali, se non vaghe allusioni alla possibilità di raggiungere un accordo bilaterale sulla ricerca.
La sostanza è tuttavia ben chiara: anche la dimensione europea della ricerca svizzera dipende dalla conclusione e dall’approvazione dell’accordo istituzionale con l’Unione europea. Bisogna dire che pur non essendone membro, la Svizzera partecipa a programmi di ricerca dell’Ue dal 1988. Ma questa volta in gioco c’è molto di più. Da mesi, Angelica Kalt, direttrice del Fondo nazionale svizzero per la ricerca, sottolinea l’urgenza di non restare esclusi da Horizon Europe. È vero, ha detto Kalt in diverse interviste alla stampa internazionale, che la Confederazione aveva sopperito alla perdita dei finanziamenti europei integrando con i fondi federali il budget dei programmi di ricerca già avviati, sostenendo anche le spese dei ricercatori svizzeri impegnati all’estero, “ma allora furono i ricercatori europei ad abbandonare i progetti svizzeri”. Lo stesso processo di selezione dei programmi che hanno accesso ai finanziamenti europei, sosteneva ancora Kalt, andava (e ancora la farebbe) a beneficio dei ricercatori svizzeri, messi a confronto con i migliori in Europa. Se solo si entrasse nel parterre di Horizon Europe.
Niente di meno certo, per ora. E l’accordo quadro con l’Ue (da cui tutto dipende) è ben lontano dal fare l’unanimità. Se ancora sabato il gruppo parlamentare del Plr si è espresso a favore dell’accordo, quello dei Verdi ne ha sollecitato la rinegoziazione. Pur riconoscendone la necessità e i meriti in molti ambiti, per i Verdi bisogna rinegoziare l’intesa: la Svizzera potrebbe fare delle concessioni in vista di una armonizzazione fiscale e un rafforzamento dell’assistenza amministrativa. Per la presidente del partito Regula Rytz, “è necessario garantire salari decenti e combattere le nicchie fiscali in Svizzera e in seno all’Ue”. Al contrario, per i parlamentari Plr il sì all’accorso sarebbe un “sì della ragione” per poter continuare sulla via bilaterale. Una via ancora lunga da percorrere.