Finanza buon servitore, cattivo padrone
Sono anni, questi, nei quali lanciare improperi sulla finanza e sulle banche è un’attività superata solo dalla delizia di linciare i politici. Entrambi sono considerati l’essenza dell’élite: chi non ne fa parte spesso si sente legittimato a caricarli della responsabilità dei disastri del mondo.
Provare a difendere politica e politici che governano l’Occidente può essere meritorio ma è maledettamente difficile. Soprattutto è inutile. Ma difendere la finanza? Non è più facile. Ma può essere utile.
C’è chi sta seriamente iniziando a farlo, dieci anni dopo lo scoppio della Grande Crisi del 2008, quella dei titoli subprime che ha visto buona parte dell’opinione pubblica mettere sul banco degli imputati prima i grandi banchieri di Wall Street e poi quelli europei. Non tutti osano affrontare la Difesa della Finanza. È impopolare. Resta il fatto che di fronte all’ondata di delegittimazione di una delle forze più potenti e in gran parte benefica della globalizzazione degli anni scorsi è importante tracciare alcune linee, oltrepassate le quali la voglia di imbrigliare i movimenti di capitale è destinata a produrre disastri considerevoli.
Distinguere tra finanza e finanzieri
Per farlo occorre introdurre una distinzione: la finanza in quanto attività è una cosa, i finanzieri sono un’altra. Con questi ultimi non sempre è divertente andare a cena; ma non è nemmeno richiesto.
Nei giorni scorsi è arrivata nelle librerie l’edizione italiana di un libro interessante, che si mette nella posizione di difendere la finanza ma per dire che va ricondotta a una funzione positiva. Lo pubblica la casa editrice Solferino (collegata al Corriere della Sera) e si intitola «E se la finanza salvasse il mondo?». Lo ha scritto Bertrand Badré, 50 anni, francese, in passato uno dei managing director della Banca Mondiale e oggi fondatore e Ceo di BlueOrange Capital, un fondo d’investimento che ha l’obiettivo di mettere il denaro al servizio dello «sviluppo sostenibile».
Allievo di Sciences Po e dell’Ena, ha ricoperto posizioni anche nella Société Générale, nel Crédit Agricole e in Lazard.
Ascoltare la voce di chi è stato ignorato
A pieno titolo un membro dell’élite francese ma attento a sostenere che «se saranno solo le cosiddette élite a scegliere (quale strada fare prendere alla finanza, ndr) non succederà nulla e il risultato sarà ancora più risentimento e ancora più rischi che si ripetano gli stessi problemi. Non è semplice, perché per scegliere bisogna stare a sentire la voce di coloro che in passato sono stati ignorati». Ambizioso obiettivo. Ma più che mai necessario da perseguire: come sostiene lo stesso Badré, la finanza è infatti un buon servitore anche se può essere un cattivo padrone. Ogni governante serio che ha la conoscenza di come funziona il mondo, di cosa serve all’economia e che sceglie il pragmatismo dovrebbe andare contro l’onda demagogica e affermare che senza la finanza – proprio quella globale e sofisticata oggi così vituperata – il pianeta sarebbe più povero, meno efficiente, peggiore.
Ora: il mondo della finanza sa essere orribile. Le truffe che si sono scoperte negli anni, anche in istituzioni di grande rilievo e prestigio, disturbano parecchio. La leggerezza con la quale le banche spesso accompagnano sui mercati l’effetto gregge, come nel caso dei subprime mortgage, è preoccupante. L’esibizione di potere e ricchezza messa in mostra nei decenni scorsi fa danni dal punto di vista del consenso e quindi della politica. Soprattutto, l’intreccio tra mondo delle banche, governi e regolatori è stato motivo non solo di crollo della reputazione della finanza ma anche di errori di politica monetaria che hanno creato bolle destinate poi a sgonfiarsi in crisi drammatiche: le porte girevoli tra banche e posizioni di governo negli Stati Uniti e gli intrecci tra banchieri e politici in Europa sono al cuore dei disastri recenti. Ciò nonostante – il libro lo spiega bene – i mercati finanziari sono il veicolo infinitamente migliore per allocare le risorse, per mettere il denaro dove sarà maggiormente produttivo.
Il volume di Badré – che ha come sottotitolo «governare il capitale è possibile» – ha due prefazioni: una del presidente francese Emmanuel Macron e una dell’ex primo ministro britannico Gordon Brown. Due politici che riconoscono la centralità della finanza nell’allocazione delle risorse. Entrambi ritengono che vada riformata, ricondotta a un legame maggiore con l’economia reale. Altri ritengono che andrebbe invece allentato il rapporto tra mondo del denaro e governi. Comunque la si pensi, il merito di Badré è di non demonizzare la finanza in una fase in cui alcuni, in Europa e in America, vorrebbero metterla al bando. A un certo punto, nel libro ricorda la definizione di denaro attribuita a Teresa d’Avila: «È lo sterco del diavolo, ma è un ottimo concime» (per la vigna del Signore).