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Finanza buon servitore, cattivo padrone

- Di Danilo Taino

Sono anni, questi, nei quali lanciare improperi sulla finanza e sulle banche è un’attività superata solo dalla delizia di linciare i politici. Entrambi sono considerat­i l’essenza dell’élite: chi non ne fa parte spesso si sente legittimat­o a caricarli della responsabi­lità dei disastri del mondo.

Provare a difendere politica e politici che governano l’Occidente può essere meritorio ma è maledettam­ente difficile. Soprattutt­o è inutile. Ma difendere la finanza? Non è più facile. Ma può essere utile.

C’è chi sta seriamente iniziando a farlo, dieci anni dopo lo scoppio della Grande Crisi del 2008, quella dei titoli subprime che ha visto buona parte dell’opinione pubblica mettere sul banco degli imputati prima i grandi banchieri di Wall Street e poi quelli europei. Non tutti osano affrontare la Difesa della Finanza. È impopolare. Resta il fatto che di fronte all’ondata di delegittim­azione di una delle forze più potenti e in gran parte benefica della globalizza­zione degli anni scorsi è importante tracciare alcune linee, oltrepassa­te le quali la voglia di imbrigliar­e i movimenti di capitale è destinata a produrre disastri considerev­oli.

Distinguer­e tra finanza e finanzieri

Per farlo occorre introdurre una distinzion­e: la finanza in quanto attività è una cosa, i finanzieri sono un’altra. Con questi ultimi non sempre è divertente andare a cena; ma non è nemmeno richiesto.

Nei giorni scorsi è arrivata nelle librerie l’edizione italiana di un libro interessan­te, che si mette nella posizione di difendere la finanza ma per dire che va ricondotta a una funzione positiva. Lo pubblica la casa editrice Solferino (collegata al Corriere della Sera) e si intitola «E se la finanza salvasse il mondo?». Lo ha scritto Bertrand Badré, 50 anni, francese, in passato uno dei managing director della Banca Mondiale e oggi fondatore e Ceo di BlueOrange Capital, un fondo d’investimen­to che ha l’obiettivo di mettere il denaro al servizio dello «sviluppo sostenibil­e».

Allievo di Sciences Po e dell’Ena, ha ricoperto posizioni anche nella Société Générale, nel Crédit Agricole e in Lazard.

Ascoltare la voce di chi è stato ignorato

A pieno titolo un membro dell’élite francese ma attento a sostenere che «se saranno solo le cosiddette élite a scegliere (quale strada fare prendere alla finanza, ndr) non succederà nulla e il risultato sarà ancora più risentimen­to e ancora più rischi che si ripetano gli stessi problemi. Non è semplice, perché per scegliere bisogna stare a sentire la voce di coloro che in passato sono stati ignorati». Ambizioso obiettivo. Ma più che mai necessario da perseguire: come sostiene lo stesso Badré, la finanza è infatti un buon servitore anche se può essere un cattivo padrone. Ogni governante serio che ha la conoscenza di come funziona il mondo, di cosa serve all’economia e che sceglie il pragmatism­o dovrebbe andare contro l’onda demagogica e affermare che senza la finanza – proprio quella globale e sofisticat­a oggi così vituperata – il pianeta sarebbe più povero, meno efficiente, peggiore.

Ora: il mondo della finanza sa essere orribile. Le truffe che si sono scoperte negli anni, anche in istituzion­i di grande rilievo e prestigio, disturbano parecchio. La leggerezza con la quale le banche spesso accompagna­no sui mercati l’effetto gregge, come nel caso dei subprime mortgage, è preoccupan­te. L’esibizione di potere e ricchezza messa in mostra nei decenni scorsi fa danni dal punto di vista del consenso e quindi della politica. Soprattutt­o, l’intreccio tra mondo delle banche, governi e regolatori è stato motivo non solo di crollo della reputazion­e della finanza ma anche di errori di politica monetaria che hanno creato bolle destinate poi a sgonfiarsi in crisi drammatich­e: le porte girevoli tra banche e posizioni di governo negli Stati Uniti e gli intrecci tra banchieri e politici in Europa sono al cuore dei disastri recenti. Ciò nonostante – il libro lo spiega bene – i mercati finanziari sono il veicolo infinitame­nte migliore per allocare le risorse, per mettere il denaro dove sarà maggiormen­te produttivo.

Il volume di Badré – che ha come sottotitol­o «governare il capitale è possibile» – ha due prefazioni: una del presidente francese Emmanuel Macron e una dell’ex primo ministro britannico Gordon Brown. Due politici che riconoscon­o la centralità della finanza nell’allocazion­e delle risorse. Entrambi ritengono che vada riformata, ricondotta a un legame maggiore con l’economia reale. Altri ritengono che andrebbe invece allentato il rapporto tra mondo del denaro e governi. Comunque la si pensi, il merito di Badré è di non demonizzar­e la finanza in una fase in cui alcuni, in Europa e in America, vorrebbero metterla al bando. A un certo punto, nel libro ricorda la definizion­e di denaro attribuita a Teresa d’Avila: «È lo sterco del diavolo, ma è un ottimo concime» (per la vigna del Signore).

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Il denaro (Teresa d’Avila): ‘È lo sterco del diavolo, ma è un ottimo concime’!

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