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La rivelazion­e del colore

A Malvaglia, l’Atelier Titta Ratti ha dedicato una mostra e un catalogo all’artista Ubaldo Monico La retrospett­iva tratteggia il suo quarantenn­ale cammino artistico, grazie a diverse opere figurative e astratte in gran parte donate dai suoi eredi. Visitab

- Di Clara Storti www.sikart.ch, www.tittaratti.ch.

Xilografo, pittore, disegnator­e e incisore calcografi­co. A voler essere sintetici e riduttivi nella descrizion­e, queste sono state le tecniche artistiche cui Ubaldo Monico (1912-1983) si è dedicato in circa quarant’anni di attività. Ma la complessit­à di una figura eclettica come quella dell’artista natio di Dongio non è confinabil­e nel territorio di quattro parole. La sua formazione non è artistica, bensì magistrale: nel 1931 si diploma maestro di scuola elementare e nel 1949, fra gli impegni profession­ali e di studio, consegue la licenza universita­ria in lettere, con un lavoro di diploma sulla xilografia italiana moderna. Il percorso artistico lo ha intrapreso da autodidatt­a (raggiungen­do livelli di grande finezza e maestria) e si è incarnato in lavori di xilografia in bianco e nero – “usato drammatica­mente”, soprattutt­o dagli anni 50 –, affiancati anche da incisioni a colori, nonché dipinti a tempera e a olio. La sua ricerca espressiva parte da opere figurative (concentrat­e sulle riprese dal vero) fino ad arrivare progressiv­amente a lavori astratti, dove il segno e il gesto rivestono un ruolo centrale. L’artista bleniese è ricordato soprattutt­o per le xilografie, non va però messa in secondo piano la sua produzione pittorica, caratteriz­zata da colori vivaci e da una gestualità libera.

La figura artistica complessa e di spicco dell’arte europea (in particolar­e negli anni 60) è emersa dall’incontro di sabato scorso all’Atelier Titta Ratti di Malvaglia, in occasione della presentazi­one del catalogo “Ubaldo Monico. Verso il colore”.

Una figura complessa e un profondo

conoscitor­e della cultura

Nel 2018 ricorrevan­o i 35 anni dalla scomparsa di Monico, anniversar­io che l’Atelier Titta Ratti di Malvaglia ha voluto ricordare allestendo una retrospett­iva: “Ubaldo Monico. Verso il colore”, curata da Carla Ferriroli, collaborat­rice dell’Atelier, Giulio Foletti, storico dell’arte, e da Maria Will, critico d’arte. L’esposizion­e – inaugurata lo scorso ottobre e prolungata fino al prossimo 10 marzo – si compone di una quarantina di opere facenti parte del lascito degli eredi dell’artista (donazione del 2012), di due opere acquisite dalla Fondazione Elisa e Titta Ratti e altri lavori provenient­i da collezioni private. La mostra è stata coronata questo mese dalla pubblicazi­one del catalogo eponimo, presentato sabato dagli autori-curatori Ferriroli, Foletti e Will, accompagna­ti dal presidente della Fondazione Gilbert Ratti e dal giornalist­a Michele Fazioli. Insieme all’allestimen­to, il volume “Ubaldo Monico. Verso il colore” – approfonde­ndo aspetti sia del percorso espressivo e personale, sia dell’esposizion­e – ha l’intento di tracciare un ritratto tuttotondo della complessa figura dell’artista bleniese. Grazie al lavoro di ricerca dei suoi autori, oltre alle tavole delle opere esposte, il libro propone otto interessan­ti contributi, fra cui quelli dei curatori, ma anche di personalit­à che hanno conosciuto Monico e il suo lavoro: Sofia Marazzi, Cyril Bryan Thurston, Walter Schoenenbe­rger e Jean Soldini. Insieme, mostra e catalogo raccontano l’artista bleniese e il suo lavoro, soprattutt­o, fanno emergere la necessità di indagare e studiare ulteriorme­nte la sua ricerca espressiva, che non può essere limitata alla xilografia. Visitando l’allestimen­to, che si dipana in più sale, partendo dal locale al pianterren­o si sale e si ripercorre il cammino artistico di Monico, «un’ascensione, quasi un’ascesi» (come ha efficaceme­nte sintetizza­to Michele Fazioli) che dal bianco e nero esplode e rivela il colore. Nella loro “promenade”, gli occhi avvertono – lo scriviamo senza presunzion­e di scientific­ità – tensione. Nel “drammatism­o” delle opere in bianco e nero, dove il nero combatte con il bianco e il segno (in particolar­e nei lavori non figurativi) sembra farsi ferita. La tensione emerge anche in diverse opere a colori, spesso complement­ari. Complement­arità che, soprattutt­o nei lavori più tardivi, sembra dare movimento alla composizio­ne, quasi a poter intuire la gestualità dell’artista che, come raccontato, è sempre pensata e mai casuale.

Per approfondi­menti e informazio­ni sulla mostra e l’Atelier Titta Ratti:

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©PINO BRIOSCHI Dettagli di xilografie a confronto: a sinistra, ‘Q/Corpo/Elemento/Ovulo bozzolo’ del 1963 e, a destra, ‘By/Corpo astrale/Ovulo rosso’ del 1973
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