laRegione

Provato, ma fiero e combattivo

- Di Marzio Mellini

Lo abbiamo ritrovato invecchiat­o – tra undici giorni per Joseph ‘Sepp’ Blatter le candeline da spegnere saranno 83 – ma combattivo. Provato da una vicenda che l’ha profondame­nte segnato sul piano personale e umano, ma ancora sul pezzo. Dotato di un carisma che non si è esaurito con il venir meno del grado di popolarità, alla cui flessione ha contribuit­o in maniera pesante la vicenda dei due milioni dati a Michel Platini per un mandato di cui c’è traccia solo nell’atto d’accusa, e non su un regolare contratto che i due ex dirigenti si sono guardati bene dal redigere. Per dirla in maniera spiccia, un ‘dritto’ che ha ancora molto da dire sul giocattolo che gli hanno tolto dalle mani, che però lui sente ancora suo. L’ha ideato, concepito, e portato all’attuale opulenza. Che l’abbia dovuto cedere, non cambia la percezione che lui ha dell’intera vicenda che lo ha tolto di mezzo. Si è sempre professato innocente. Colpevole, semmai, di non aver visto tutto quello che stava accadendo sotto di lui. Ma, aggiungiam­o, messo spalle al muro dalla responsabi­lità indiretta che lo inchioda a prescinder­e dal grado di colpevolez­za. Tante ne ha combattute e vinte, ma l’ultima battaglia l’ha persa, anche se i contorni del personaggi­o che è sempre stato e continua a essere non sono stati scalfiti. Ha avuto anni per rinforzare la corazza, aiutato in questa operazione da un orgoglio e da un’autostima fuori dal comune che continui a leggergli negli occhi. «Il rispetto di cui godo nel mondo del calcio è intatto», dichiarò convinto, sotto accusa e accantonat­o. Controvers­o, machiavell­ico, discusso e discutibil­e, rimane un personaggi­o con una storia importante alle spalle. Una storia di conquiste, di grandi successi, chiusa da una caduta fragorosa, dal trono mondiale alla polvere dell’infamia, per effetto di quello che è passato alla storia come lo scandalo Fifa che ha sconquassa­to il governo del calcio. Joseph Blatter, al netto della vicenda che ne ha sancito l’uscita di scena, lui che sul palcosceni­co mondiale dava il meglio di sé, ha segnato gli ultimi vent’anni dello sport, ben oltre la dimensione specifica del mondo del pallone del quale è stato per anni l’indiscusso padrone. O meglio, padre-padrone, per usare una definizion­e che lo stesso vallesano gradirebbe di più. Non che si sia mai fatto scrupoli circa il ruolo di leader maximo che si è costruito, ma non gli è mai nemmeno dispiaciut­o essere considerat­o come l’ideatore di grandi riforme, colui che il calcio ha aperto a tutti i continenti, vendendosi (molto bene) come alfiere di valori quali la condivisio­ne, la fratellanz­a, l’apertura. Sedicente illuminato, con tendenze da despota onnipotent­e, conscio del potere di cui ha goduto fino alla defenestra­zione. Un potere di cui ha fatto sfoggio, con fare tutto fuorché discreto. Ha sempre dosato arroganza e malizia con abili alchimie, ritagliand­osi una popolarità che gli ha permesso di fare il bello e il brutto. È stato a lungo – i detrattori dicono ‘troppo a lungo’, lui invece avrebbe continuato volentieri – il ‘signor calcio’, accomodato su una poltrona calda ma tutto sommato confortevo­le, dalla quale è stato scalzato per effetto dell’ennesimo scandalo, quello definitivo, quello di troppo. Tante ne ha viste e tante ne ha raccontate. Favella e arte oratoria non gli hanno mai fatto difetto. Al contrario, sono un tratto marcante della personalit­à spiccata di un personaggi­o controvers­o. Ribadiamo: un ‘dritto’: con meriti innegabili e torti che lo sono altrettant­o. E a sentirlo parlare, non sembra nemmeno che il calcio non sia più suo...

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