laRegione

La scuola dentro al cuore

- Di Manuele Bertoli, direttore Decs

C’è un solco che separa la cosiddetta “modernità” dalla concezione del bene pubblico che ha conosciuto punte elevate nel secolo scorso. È il guado fra chi si sente uomo dello Stato, votato al servizio della comunità, e chi vive l’ente pubblico, ciò che chiamiamo istituzion­e, come un ingombrant­e per quanto necessario contenitor­e del nostro vivere insieme. Vincenzo Nembrini, che ci ha lasciato prematuram­ente qualche giorno fa, appartenev­a senz’altro ai primi. Una vita intera dedicata al mondo della scuola, per ben ventitré anni è stato direttore della Divisione della formazione profession­ale.

Segue dalla Prima Passando da importanti responsabi­lità, si è distinto nella capacità propositiv­a ma anche nella ricerca del consenso. Io l’ho incontrato la prima volta più di 10 anni fa, come primo promotore di un’iniziativa popolare che chiedeva di creare il fondo della formazione profession­ale, che poi vide la luce dopo una serrata trattativa proprio tra me e lui. Un uomo d’azione, ancorato a quella concezione che vuole nella diversità e nelle differenze la giusta sintesi riformatri­ce, l’unica forza davvero capace di tenere insieme cittadini diversi e a volte anche distanti. Lo Stato come forza motrice del benessere collettivo e individual­e. Non ero d’accordo con tutto ciò che proponeva. Ciò nonostante mai è stata messa in dubbio da entrambi la volontà di remare nella stessa direzione, il potenziame­nto della formazione dei nostri giovani. Il metodo prima ancora dei contenuti ne faceva un uomo consapevol­e delle virtù proprie della nostra democrazia. Uomo di scuola nel senso più ampio, perché pronto a raccoglier­e stimoli senza rinunciare alle proprie idee. Disposto ai compromess­i, ma nel rispetto della propria coerenza. La scuola di Vincenzo Nembrini era una scuola che stava conoscendo nuove e importanti mutazioni, in un’epoca che pareva infinita, tanto tesa al progresso e alla modernità. Un’epoca in parte declinata, perché oggi troppo spesso il bene comune deve cedere il passo al “bisogno” individual­e, se non all’emozione del momento. Uomo al servizio dello Stato a tutto tondo, grazie all’impegno mai smesso che andava oltre le capacità profession­ali. Con la scomparsa di Nembrini l’intera comunità ticinese perde qualcosa e si allontana, purtroppo, da quei valori che hanno fatto nascere e poi rafforzato la nostra democrazia. Valori ancora presenti, ma con sempre più gambe pronte a far sgambetti che utili a camminare assieme.

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