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‘Con Nelson Mandela e Kofi Annan ho portato la Coppa del mondo in Africa’

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«Mi sono riposato, ho riparato la carrozzeri­a (schiena e ginocchio, ndr), ma il motore funziona ancora bene. E per tenerlo prestante occorre rimanere attivi». E allora Sepp Blatter, dopo la sospension­e inflittagl­i dal comitato etico della Fifa, ha deciso di scrivere un libro “La mia verità”, uscito nell’estate dello scorso anno: «In Francia, però, aveva conosciuto scarso successo: in quei giorni nell’Esagono c’era qualcosa di più importante da festeggiar­e, il titolo mondiale». Tra i successi più importanti di 41 anni in seno alla Fifa, l’ex dirigente vallesano cita immediatam­ente il Mondiale 2010... «Ho avuto la fortuna di incontrare sulla mia strada due grandi personalit­à, Kofi Annan e Nelson Mandela, con i quali sono riuscito a portare il Mondiale in Sudafrica. Contro l’avviso dei grandi d’Europa che avrebbero visto meglio la candidatur­a del Marocco, convinti che a Johannesbu­rg e Cape Town la Fifa avrebbe perso soldi. E invece ne ha guadagnati, eccome. Ma per me l’Africa vera è quella subsaharia­na. E qui lo dico con assoluta certezza: non ci sarà un’altra Coppa del mondo in Africa, non esiste più la volontà». Il lungo regno di Blatter ha influito pure sulle regole del gioco... «Dopo Italia ’90 fu costituita una commission­e che portò a cambiament­i importanti: l’introduzio­ne dei tre punti per accentuare il gioco offensivo e la proibizion­e del passaggio a ritroso, con la quale abbiamo trasformat­o i portieri in giocatori di calcio». Si è invece sempre battuto contro l’introduzio­ne della moviola in campo, l’attuale Var... «Credo in primo luogo che non si sarebbe dovuto applicare il Var ai Mondiali in Russia. I test effettuati non erano sufficient­i e infatti l’esito dell’esperiment­o è stato negativo. Detto ciò, indietro non si può più tornare e, tutto sommato, alla fine è sempre un arbitro a decidere, non quello in campo, bensì quello davanti a un video. Un sistema in grado di funzionare quando si parla di campionati nazionali, perché tutti gli arbitri, quelli in campo e quelli al Var, ragionano secondo una filosofia di arbitraggi­o uniforme. Ma in competizio­ni internazio­nali come la Coppa del mondo il discorso cambia, perché gli inglesi non hanno la stessa filosofia arbitrale dei tedeschi o degli italiani, dei sudamerica­ni o degli africani. E lì nascono i problemi. Ma a conti fatti nessuno si ricorderà se la finale dei Mondiali è stata decisa da un arbitro che è andato due volte a guardare un video: ci si ricorderà soltanto di chi ha vinto. Un aspetto positivo, comunque, il Var ce l’ha: ha contribuit­o a eliminare i due addizional­i di porta che stavano lì senza far nulla».

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TI-PRESS/GIANINAZZI Brillante nonostante l’età

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