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Tanto potere, tanti avversari

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È stato l’uomo forte del calcio di inizio terzo millennio, di cui rimane una figura carismatic­a. Criticato e attaccato anche in tempi non sospetti, la sua posizione ha resistito fino allo scossone fatale, quello dei magistrati titolari dell’inchiesta americana che hanno ottenuto la sua testa e quella di Michel Platini, destituito prima che potesse succedere proprio a Blatter, per un avvicendam­ento studiato a tavolino, ma non andato a buon fine. Disse che un presidente della Fifa «dovrebbe farsi da parte dopo due mandati», ma lui è arrivato a cinque, dopo rielezioni avvenute per lo più per acclamazio­ne. Gradimento al quale di certo non ha potuto sottrarsi. Segnale di forza, ma pure contraddiz­ione in termini tipica di chi è abituato a dire, salvo poi ritrattare. Lo ha sempre fatto con cocciutagg­ine, e con scarso senso dell’autocritic­a, dote di cui non è mai stato un paladino. «Nel 2011 annunciai che il quarto sarebbe stato il mio ultimo mandato – dichiarò in una vecchia intervista rilasciata al termine dell’annus horribilis (per lui) 2015 – ma cinque delle sei confederaz­ioni mi invitarono a restare. Feci marcia indietro e continuai a seguire la mia filosofia che recita così: ‘Chi non si assume mai un rischio non avrà mai una possibilit­à. Ma chi se lo assume, accetta anche l’eventualit­à di una sconfitta’. Ho rischiato, e ho perso. Ho perso la fiducia in alcune persone. Sono stato troppo credulone, a taluni ne ho data troppa». Arguto, capì che l’assegnazio­ne al Qa- tar dell’edizione 2022 della Coppa del mondo sarebbe stata «l’inizio dei problemi». Una lungimiran­za che non gli ha comunque evitato il colpo infertogli dalla magistratu­ra americana, decisa – a suo dire – a farla pagare alla Fifa per un’assegnazio­ne rivendicat­a anche dagli Stati Uniti (già ‘offesi’ per l’edizione russa del 2016), rimasti invece con un pungo di mosche.

‘Prendi solo quello che guadagni’

«Nel calcio si gioca sul portatore di palla. Ho avuto a lungo la palla tra i piedi, ecco perché ho anche tanti avversari. Va però detto che tutta la negatività è esplosa per i fatti del 27 maggio 2015». Eccola, la data della svolta. Il giorno in cui tutto cambiò. Il giorno dell’arresto di sette alti funzionari, a Zurigo. L’inizio della fine, il primo di una lunga serie di capitoli di una storia che per il dirigente vallesano si è chiusa con la condanna a otto anni di squalifica da parte della Commission­e etica della Fifa (poi ridotti a sei). Non ho fatto nulla di sbagliato, non posso che ripeterlo. Per i due milioni dati a Michel Platini c’era un accordo verbale che ho rispettato. Mio padre, un semplice operaio della Lonza di Visp, mi ha insegnato due principi fondamenta­li, a proposito del denaro: ‘Prendi solo quello che guadagni, e paga i debiti, perché siamo gente onesta’. Tengo fede sempre a questi principi. Non ho mai accettato soldi che non fossero stati guadagnati, e mi hanno accusato di averne dati a sproposito».

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