La storia ritorna ad Hanoi
Donald Trump e Kim Jong-un ospiti dello Stato che inflisse l’ultima sconfitta agli Stati Uniti Il nuovo incontro tra il presidente statunitense e il leader nordcoreano genera poche aspettative e molti interrogativi
Hanoi – Qualcosa dovranno inventarsi. Se non Donald Trump e Kim Jong-un, almeno i loro uffici stampa. Ben difficilmente il nuovo “storico incontro” tra il presidente statunitense e il leader nordcoreano, in scena da oggi ad Hanoi, supererà l’esito cosmetico di quello dell’estate scorsa a Singapore. Ma qualcosa andrà pure annunciato, e secondo alcune interpretazioni, anche l’aria fritta è preferibile a una dichiarazione di guerra (che un anno fa parve imminente). I due ripartono dunque dai titoli di coda di Singapore. La richiesta originaria americana di “denuclearizzazione completa, verificabile e irreversibile” si rivelò allora fiacca retorica: Pyongyang non ha cessato di produrre combustibile nucleare, né ha chiuso i centri di ricerca del settore, men che meno smantellato il proprio arsenale atomico, né ha consentito ispezioni internazionali nei siti sensibili. Non che si potesse pretendere tanto in pochi mesi, ma almeno un gesto, qualcosa. Niente. Tanto che Trump è partito per Hanoi con pretese e aspettative molto ridimensionate, se non nella retorica. Pyongyang, ha detto, ha di fronte “un futuro da potenza economica”, ma senza atomica e missili. Ma a tutti gli osservatori, e tra essi Zhao Tong, ricercatore al Carnegie-Tsinghua Centre for Global Policy di Pechino, non è sfuggita l’assenza di indicazioni circa una qualche disponibilità del regime nordcoreano a rinunciare al nucleare. Secondo alcuni analisti, la Corea del Nord vorrebbe comunque vedersi riconosciuto lo status di potenza nucleare acquisito, come è riuscito al Pakistan. Lo stesso segretario di Stato Mike Pompeo ha ammesso pochi giorni fa che Pyongyang “resta una minaccia”. Trump, nei giorni che hanno preceduto il summit, ha elogiato la Corea del Nord per aver sospeso i test nucleari e allentato la tempistica su disarmo e smantellamento delle ambizioni nucleari. Mentre Kim (appoggiato dalla Cina) mira a ottenere “gratifiche compensative”, a partire dall’allentamento delle sanzioni a fronte dei “progressi” compiuti sull’abbandono del nucleare, oltre alle rassicurazioni sulla propria sicurezza. Trump e Kim sono già arrivati ad Hanoi. Il primo dopo un volo di 20 ore e due tappe per il rifornimento; Kim dopo un estenuante viaggio in treno durato più di 65 ore per oltre 4’000 km attraversando la Cina. Kim è entrato nella capitale vietnamita in un tripudio di bandierine; Trump vi ha trovato “folle enormi e tanto amore”, l’accoglienza che una nazione ben educata riserva al presidente dello Stato che da quella terra dovette andarsene sconfitto.