Le dimissioni di Zarif smascherano Teheran
Teheran – Benché ufficialmente non (ancora) accettate, le dimissioni del ministro degli Esteri Javad Zarif sono esplose come una bomba nella politica iraniana. La lotta in corso tra l’ala più radicale del regime e la componente riformista non poteva essere meglio rappresentata. Ieri, il presidente Hassan Rouhani non aveva ancora sciolto la riserva sul futuro del diplomatico, figura chiave del suo mandato e decisivo per salvare l’intesa del 2015 sul nucleare – e con essa il dialogo con l’Occidente – per resistere alle pressioni dei radicali. Rouhani ha difeso pubblicamente l’operato di Zarif, senza fare però riferimenti espliciti alle dimissioni: “Oggi – ha detto – la prima linea contro gli Stati Uniti sono i ministeri degli Esteri e del Petrolio, insieme alla Banca centrale”. Non i pasdaran, soliti a intestarsi “eroiche resistenze” nei confronti del Grande Satana. “Non possiamo lasciare il Paese in mano a 10 o 20 persone, perché il Paese è della nazione”, ha detto ancora Rouhani, e non è difficile comprendere a chi alludeva. A decidere il confronto sarà la Guida suprema ayatollah Ali Khamenei. Secondo i media locali, il primo vicepresidente Eshagh Jahangiri ha chiamato Zarif per convincerlo a tornare sui suoi passi. A sostegno del diplomatico si è schierata anche la maggioranza dei parlamentari iraniani. E sui social media spopolava un hashtag in farsi che lo invitava a restare. A spingere Zarif a lasciare è stata la clamorosa esclusione dagli incontri di lunedì a Teheran con Bashar al Assad, al suo primo viaggio all’estero – Russia a parte – dall’inizio della guerra. Oltre al presidente e alla Guida suprema, Assad ha incontrato anche il generale Qassem Soleimani, capo delle Brigate al Qods dei pasdaran, i pretoriani del regime, che a Damasco hanno fornito in questi anni un decisivo appoggio militare. Per Zarif, uno schiaffo. “Spero che le mie dimissioni permetteranno al ministero degli Esteri di ritornare al suo ruolo legale nelle relazioni internazionali”, ha detto in uno dei pochi commenti dopo la decisione. Per chi voleva capire.