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Non fu né riciclaggi­o, né truffa

Condannati solo per falsità in documenti i coniugi eredi del controvers­o lascito milionario Dodici mesi all’uomo e otto alla donna, entrambe le pene sono sospese. ‘Irrilevant­e l’autenticit­à del testamento’.

- Di Dino Stevanovic

«Irrilevant­e». Il giudice Mauro Ermani l’ha premesso lunedì all’inizio del dibattimen­to e l’ha confermato ieri alla lettura della sentenza: per il procedimen­to andato in scena alle Assise criminali di Lugano, l’autenticit­à o meno del testamento che ha dato il via a tutta la vicenda, non ha alcuna rilevanza. A contare invece è il conseguent­e atto di notorietà rilasciato dalle autorità italiane e indispensa­bile per disporre dei circa tredici milioni di euro lasciati presuntame­nte dallo zio al nipote imputato. «Non solo sapevano che sarebbe stato impugnato dalla vedova – ha detto il presidente della Corte –, ma erano anche a conoscenza dell’esistenza delle quote legittime di eredità», che avrebbero attribuito parte del lascito proprio alla moglie. Pertanto, la coppia è stata condannata per falsità in documenti: dodici mesi sospesi e tre anni di prova per lui, otto mesi di condiziona­le per due anni invece a lei. Rispetto alle pene proposte dalla procuratri­ce pubblica Raffaella Rigamonti – oltre tre anni a testa –, si tratta comunque di un ridimensio­namento. I coniugi ereditieri sono infatti stati prosciolti sia dal reato di riciclaggi­o che da quello di truffa. Per quanto riguarda il primo capo d’accusa, «si sono limitati a trasferire del denaro. Quanto guadagnato è attribuibi­le piuttosto al reato a monte e non all’aggravante per mestiere ipotizzata dall’accusa (il reato nella sua forma semplice sarebbe ormai prescritto, ndr)». Riguardo all’ipotetica truffa, il dito è puntato contro gli istituti bancari coinvolti «che non hanno fatto le doverose verifiche che s’imponevano» ha detto Ermani. Nello specifico – pur sapendo dell’esistenza di una vedova e delle pretese della stessa –, non avrebbero controllat­o come mai nell’atto di notorietà questa non apparisse, come legge vuole. Non essendo stato compiuto un inganno astuto da parte degli imputati, l’accusa è quindi caduta. Il giudice ha tuttavia aggiunto che «se oggi non rispondono di truffa è solo per negligenza di terzi (le banche, ndr)».

Dissequest­rati inoltre i beni finanziari, ma una nuova vertenza civile è in agguato

La differenza di pena fra gli imputati è dovuta principalm­ente all’incensurat­ezza della donna, mentre il marito non solo aveva già diversi precedenti in Italia, ma è stato anche condannato per un’infrazione alle norme della circolazio­ne commessa in Svizzera. Rinviate al foro civile le pretese (oltre 150’000 franchi) dell’accusatric­e privata, ossia la vedova, mentre sono stati negati gli indennizzi richiesti dagli imputati – 12’000 franchi circa – per i due mesi di presunta carcerazio­ne ingiusta scontati nel 2013, essendo stata emessa una condanna. La sentenza si distanzia comunque anche da quanto chiesto dalla difesa: l’assoluzion­e. «Si tratta di una diatriba civile, strumental­izzata da una delle parti in causa (la vedova, ndr)» la tesi di Luca Loser, legale dell’imputata 42enne. Olivier Ferrari, avvocato del 63enne a processo, ha invece messo l’accento su diverse testimonia­nze che la pubblica accusa avrebbe trascurato: quella della donna che avrebbe rinvenuto il testamento e che addirittur­a avrebbe assistito alla sua stesura; quella del fratello del defunto che ha sottolinea­to i cattivi rapporti fra il milionario – che aveva trasferito la residenza a Santo Domingo – e la moglie; quella del consulente bancario di Vaduz che aveva detto di sapere dell’intenzione del cliente di escludere la consorte dall’eredità. Ferrari ha inoltre aggiunto che – dal profilo penale – nel Principato non è stata aperta alcuna inchiesta, mentre in Italia è stato disposto un decreto d’archiviazi­one «equiparato a una sentenza nei casi, come questo, nei quali ci sono state indagini serie». Caso chiuso quindi? Non proprio. La Corte ha infatti dissequest­rato i beni finanziari oggetto del procedimen­to, che torneranno quindi alla coppia. Ma in Italia è già da anni in corso una vertenza civile affinché i soldi siano messi a disposizio­ne di una comunione ereditaria, non meglio chiarita in aula. A seguito della sentenza, si profila ora una nuova pretesa civile anche in Svizzera.

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TI-PRESS Durato due giorni, il processo si è svolto al palazzo di giustizia di Lugano

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