laRegione

Curare alla radice

- Di Marco Noi, I Verdi del Ticino, candidato CdS e GC

Segue da pagina 19 (...) partiti e i movimenti ambientali­sti a percepire tali segnali, oggi sembra che anche i partiti borghesi se ne stiano avvedendo. Ognuno, chi più chi meno, cerca allora di accattivar­si le simpatie del crescente elettorato sensibile alla tematica, convertend­osi all’ecologia guarda caso proprio in prossimità di elezioni. È sempre indelicato tacciare qualcuno di malafede e di opportunis­mo, ma qualche domanda si impone: quanto risulta credibile che dei partiti il cui Dna è sempre e ancora l’infinita crescita economica, riescano a trovare soluzioni per rientrare nei limiti della natura? Pensiamo davvero che questi partiti, finanziati da potenti lobby economiche, siano capaci da soli di mettere un limite al consumo di risorse non rinnovabil­i e alla produzione di emissioni nocive e riescano dunque a mettere l’ecologia come priorità della loro agenda? Si dice che la soluzione ad un problema non può nascere dalla mentalità che ha prodotto il problema stesso. In pochi decenni il pensiero economico fondato sull’assenza di vincoli, sul mito della “mano invisibile” e sulla credenza che il pianeta abbia risorse illimitate, ci ha portati sull’orlo del precipizio. La stragrande maggioranz­a dei ricercator­i ci sta dicendo che abbiamo a disposizio­ne solamente qualche lustro per trarci d’impiccio senza danni irreparabi­li. Ma la maggioranz­a dei nostri politici, in barba ai principi di precauzion­e e di diligenza continua a sostenere che non si può mettere limiti all’economia; si deresponsa­bilizza affermando che noi svizzeri (figurarsi i ticinesi) siamo così minuscoli che il nostro impatto ambientale sulla globalità è irrilevant­e; oppure ancora, arriva talvolta a negare persino che ci siano problemi. Se i Verdi possono essere radicali in certe loro affermazio­ni o proposte è perché in certi momenti la realtà lo impone. Quando il nostro ambiente manda segnali di gravità, non ci sono scuse che tengano. Ci si prende cura del nostro angolo di terra, non con i cerotti, bensì con interventi alla radice dei mali, ovvero sul nostro sistema “dis-economico”.

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