Ergastolo a Karadzic
L’Aja/Belgrado – Il genocidio di Srebrenica (ottomila bosgnacchi massacrati nel luglio 1995), l’assedio e i bombardamenti su Sarajevo (1992-1995), i lager, le torture, gli stupri, le deportazioni. Per i giudici dell’Aja Radovan Karadzic (73 anni) non poteva che essere condannato all’ergastolo. L’ex leader politico dei serbo-bosniaci, psichiatra sedicente poeta, sodale di Ratko Mladic e protetto di Slobodan Milosevic, prima di venire scaricato da quest’ultimo, si è visto inasprire la pena di 40 anni inflittagli in primo grado. Definitivamente. Il presidente della Corte internazionale, il giudice danese Van Joensen, ha definito incomprensibile e ingiusta la sentenza di primo grado. Come in quel dispositivo, tuttavia, Karadzic è stato ritenuto non responsabile di genocidio per i massacri di Bratunac, Prijedor, Vlasenica, Zvornik, Sanski Most, Foca e Kljuc. Nomi oggi ignoti ai più, ma che significano da allora una delle vergogne più dolorose nella storia europea al finire del secolo scorso. Nella sua prima reazione, affidata al suo avvocato, Karadzic ha parlato di sentenza “senza alcun legame con la giustizia”. Al contrario per il procuratore capo Serge Brammertz la sentenza certifica che Karadzic è un criminale di guerra, che sarà ricordato dalla storia come tale. Non che la sua colpevolezza assolva coloro che – da Washington a Mosca, passando per l’Europa – lasciarono che il crimine si compisse. Ultimo grande imputato resta ora Ratko Mladic, l’ex capo militare dei serbi di Bosnia, condannato in primo grado all’ergastolo nel novembre 2017 anch’egli per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità. In precarie condizioni di salute, Mladic attende il verdetto finale nel carcere di Scheveningen, lo stesso dove Karadzic si prepara a tenergli compagnia per il resto della loro vita.