laRegione

La mia risposta a Dadò

- Di Aldo Sofia

Caro direttore, per quarant’anni sono stato giornalist­a del servizio pubblico e non ho mai replicato alle critiche rivolte dall’esterno al mio lavoro. Una questione di principio. La critica è un sacrosanto diritto di radio e telespetta­tori. Semmai, quando rivoltimi in modo anche aspro ma corretto e civile, ho sempre cercato di capire e valutare i rimproveri, verificand­one la fondatezza e l’utilità per migliorarm­i profession­almente. Devo purtroppo fare quest’unica eccezione visto quanto scritto su ‘laRegione’ dal presidente del Ppd, Fiorenzo Dadò. Il quale torna perentoria­mente ad accusarmi (...)

Segue dalla Prima (...) di aver insinuato l’ipotesi di funzionari del Dss corrotti, nell’ambito dell’inchiesta giornalist­ica dedicata da Falò allo scandalo Argo 1, inchiesta realizzata col collega Philippe Blanc.

Allora anche la magistratu­ra?

Ecco allora i fatti. Dopo aver dato notizia (nel “Quotidiano”) delle cene di Bormio offerte dai responsabi­li di Argo 1 a Dadò e alla sua compagna, funzionari­a del Dss incaricata del dossier rifugiati, e dopo aver sollevato un interrogat­ivo sull’opportunit­à di accettarle (il Dipartimen­to decise del resto l’apertura di un’inchiesta amministra­tiva), qualche settimana dopo in ‘Falò’ riferivamo di ulteriori indagini in tutta Italia, in particolar­e in Sardegna, circostanz­a poi confermata dagli inquirenti ticinesi. Indagini della magistratu­ra, con relativa richiesta di rogatoria, durate circa due anni, e chiuse solo recentemen­te. Una notizia sicura, di rilevante interesse pubblico, e che avremmo dovuto tacere? Sarebbe questa la lezione di giornalism­o che intende impartirci il presidente del Ppd? E perché allora, seguendo la stessa logica e lo stesso ragionamen­to, Fiorenzo Dadò non rimprovera anche alla magistratu­ra ticinese di aver insinuato, con la sua lunga indagine, l’ipotesi di corruzione di funzionari del Dss? Pensa, Dadò, che la magistratu­ra sia stata influenzat­a dai media? Se così fosse, non avrebbe certo in gran consideraz­ione il lavoro a Palazzo di Giustizia. Tutto si è poi chiuso positivame­nte, benissimo così, con la magistratu­ra che ha fatto sempliceme­nte il suo dovere. Il presidente del Ppd avrebbe avuto del resto la possibilit­à di rivolgersi alle diverse istanze che consentono di ricorrere anche contro un programma del servizio pubblico, ed eventualme­nte di sanzionarl­o. Non lo ha fatto. Né, nelle sue continue esternazio­ni contro il sottoscrit­to, ricorda che la docu-inchiesta di ‘Falò’ evidenziav­a tutta una serie di irregolari­tà, di negligenze, di mancate autorizzaz­ioni, di pagamenti in nero, di lavoratori non in regola, di turni falsificat­i, di inconsiste­nti controlli da parte delle autorità: tutti fatti accertati che (insieme ad altri) formano la brutta tela della vicenda Argo 1, società di sicurezza che al momento dell’assegnazio­ne del mandato milionario esisteva praticamen­te solo sulla carta (e il mistero su questa scelta rimane). Una serie di violazioni e anomalie che si sono protratte per diverso tempo, e che hanno determinat­o la costituzio­ne di due Commission­i parlamenta­ri d’inchiesta, quando sarebbe bastato ammettere subito gli errori e i corto-circuiti prodottisi nel Dipartimen­to.

E gli elettori?

No, di tutto questo Dadò non si occupa, né si preoccupa. E naturalmen­te nemmeno della pessima gestione politica del dopo-scandalo, quando fra l’altro lo stesso presidente del Ppd usò la sede del Dipartimen­to come se fosse il suo ufficio per discutere con dei funzionari di una vicenda che, in linea di principio, non lo riguardava personalme­nte. No, meglio cercare di bersagliar­e un giornalist­a, e far dimenticar­e tutto il resto. Un classico esempio di “bombardame­nto di distrazion­e di massa”. Infine, se Dadò ritiene che la copertura giornalist­ica della vicenda Argo 1 abbia danneggiat­o il partito, c’è da chiedersi quale rispetto abbia nei confronti di quella parte di elettori (fossero anche pochi) che forse anche a causa di questo scandalo, e sensibili al tema dell’etica e della credibilit­à in politica, hanno deciso di votare per il rinnovamen­to in Consiglio di Stato.

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