Rissa fra bande, le condanne
L’accoltellatore cubano liberato con la condizionale, da 4 a 5 anni per gli altri componenti
I cruenti scontri all’esterno del Blu Martini: fu tentato omicidio, secondo la Corte, per quanto riguarda la fazione proveniente dal Mendrisiotto
Pesanti condanne quelle inflitte poco fa dalla Corte delle assise criminali ai quattro componenti della banda che si scontrò con un gruppo di albanesi il 21 novembre 2017 nel centro di Lugano. Tre degli imputati, un 24enne svizzero, un 24enne boliviano e un 26enne cubano, tutti residenti nel Mendrisiotto, sono stati riconosciuti colpevoli di tentato omicidio intenzionale: la Corte, presieduta dal giudice Mauro Ermani, ha inflitto loro pene tra i 4 e i 5 anni di carcere. Per uno di essi, il 26enne cubano, vi e anche l’espulsione dalla Svizzera per 7 anni, quando avrà finito di scontare la pena di 5 anni. Quattro anni invece per i due 24enni, uno svizzero di origine serba e un boliviano. Quest’ultimo non verrà espulso: la Corte presieduta dal giudice Mauro Ermani ha ritenuto di importanza prevalente i legami con questo territorio, dove vive fin da bambino. È stata per contro disposta la scarcerazione del 46enne cubano autore materiale delle coltellate che ferirono gravemente due albanesi, siccome non coinvolto nella preparazione della ‘missione’. Si è trattato pure di un tentato omicidio, ma per eccesso di legittima difesa. Per lui, due anni di prigione sospesi con la condizionale. In pratica, quella sera non era partito per Lugano con la consapevolezza di doversi battere o, almeno, la Corte non ha trovato prove in questo senso. Quando si scatenò la rissa venne affrontato da due albanesi ed estrasse il coltello, ferendoli in modo grave, ma non premeditato. La scarcerazione è immediata: il procuratore pubblico Moreno Capella ha deciso di no non opporsi.
Un mondo di violenza
Questo dunque l’esito giudiziario, almeno in primo grado (non sono esclusi ricorsi) per una vicenda che aveva suscitato molto clamore in città, che all’indomani si ritrovò... insanguinata nelle vie centrali attorno al quartiere Maghetti, due passi dalla pensilina Tpl. Un mondo violento, che dalla notte delle discoteche si materializzata nella sua pericolosità. C’era anche una pistola, in mano al boliviano, come ben documentato dalle immagini delle videocamere di sicurezza. Una pistola col colpo in canna, poi trovata nei boschi del Penz, a Chiasso. Insomma poteva finire veramente malissimo. ‘Futili motivi’, come si suol dire, quelli che provocarono il regolamento di conti. Una donna contesa, costata un primo pestaggio al fratello del 24enne svizzero, ad opera degli albanesi, una settimana prima della zuffa. L’opzione
di rivolgersi alla polizia non è stata percorsa dai giovani, che nella vicina Ponte Chiasso hanno trovato l’aiuto, forse non disinteressato, di un personaggio perlomeno losco, la pistola e il supporto del 46enne cubano. E, fra sniffate di coca, filmati di cruda violenza scaricati da internet, è maturata l’idea della vendetta
contro gli albanesi. «Un atteggiamento arrogante e prevaricatore, in spregio a qualsiasi regola del vivere civile» ha detto il giudice Ermani. Il processo è stato seguito da un pubblico folto e a tratti turbolento, che ha indotto la Corte a predisporre misure di sicurezza. Ieri ha nuovamente rumoreggiato per la scarcerazione del cubano, messa a confronto con le pene detentive inflitte agli altri. Che peraltro hanno beneficiato di sconti rispetto a quanto chiesto dalla pubblica accusa, venendo in parte incontro alle istanze dei quattro difensori: Hugo Haab, Egidio Mombelli, Daniele Molteni e Andrea Cantaluppi.