Mille Gp e non sentirli
A Shanghai i piloti vanno in pista per scrivere la storia. Ma qualora la Ferrari non dovesse vincere, dovrà dolersene.
Vincere in terra cinese avrà un significato superiore rispetto al solito: quello di essere arrivato in cima al podio del millesimo Gran Premio della gloriosa storia della Formula 1. Un campionato che per molto tempo ha racchiuso in quella parola il mito delle corse, dell’uomo pilota, della velocità, della ricerca tecnologica e della prestazione massima, contesto in cui il singolo, modesto, dettaglio fa una differenza enorme. Poi tutto è cambiato, con una rapidità che nessuno si sarebbe atteso, per causa di un marchio apparentemente nemmeno presente in F1, la Volkswagen, che con lo scandalo del diesel ha aperto le porte a una rivoluzione tecnologica che sta portando l’umanità verso la mobilità elettrica. Una scelta che sa molto di cambiale in bianco, quantunque comprensibile pensando ai cambiamenti climatici ma oggi non sopportabile. È nata la Formula E, che lentamente ha eroso interesse a livello di sponsor – non di pubblico – e divertito la politica, facendo credere che questa formula sia esente da difetti che invece la ‘baccanosa’ Formula 1 avrebbe. E il mito è stato così scalfito, complici anche alcune decisioni ipertecnologiche che hanno ucciso lo spettacolo e il brivido, portando ad una costante prevedibilità dei risultati, alla fuga dei ‘garagisti’ inglesi – come li chiamava Ferrari– e di un po’ di pubblico dalle piste, a seconda delle nazioni. Senza (ed è la cosa peggiore) più Miti da imitare e sognare. Gli ultimi sono stati Senna e Schumacher. Non certo Vettel. Forse un pochino di più Hamilton e, nel futuro, magari Leclerc e Verstappen. C’è anche questo in pista, nell’inquinatissima Shanghai, in un inizio di Mondiale divertente perché la buona sortita di Leclerc in Ferrari, al confronto di un Vettel appannato ma tutto da verificare, regala un po’ di pepe ad una massima formula che ha bruciato il
50% del valore pagato da Liberty Media, per la gioia di Ecclestone. Proprio lui che, ieri, in un’intervista a un giornale inglese ha ammesso che nel suo cuore la F1 ci sarà sempre, pur se a 88 anni deve riconoscere che si dovrà aprire alla Formula E o almeno a un mondo nuovo. Bottas in cima alla classifica è pure una sorpresa, non tanto perché non lo meriti, ma perché – appunto – i due primi Gp hanno offerto il ritorno alla ribalta dei numeri due. E che dire di Verstappen, che con la Red Bull Honda si è presentato meglio del previsto, anche se il rettifilo lunghissimo cinese non lo agevolerà di certo, non avendo il suo propulsore nella potenza pura il suo valore aggiunto?
Qualora domani la Ferrari non dovesse vincere, dovrà dolersene molto: è la più veloce del lotto, e avere a disposizione un rettifilo da oltre un chilometro su cui allungare in modo notevole sarà per lei un vantaggio fattuale e oggettivo, e non guadagnare il podio da numero uno sarebbe una débâcle. Il Mondiale, ovviamente, è lungo, ed è il più lungo della storia, dunque non tutte le evidenze di questo inizio di campionato devono essere lette come definitive. Di certo per noi vedere la Sauber (pardon, Alfa Romeo Racing...) correre così bene è motivo di gioia: alzi la mano chi avrebbe pensato di vederla quarta tra i costruttori e con un Raikkonen così solido in pista. Ora è tempo che
Giovinazzi venga fuori, come ci diceva Pascal Picci, che rappresenta la proprietà svedese del team, che in lui ripone speranza e attesa nel contempo. Certo che, però, il pugliese non è nemmeno fortunatissimo visto che ieri nella P1 la sua monoposto aveva il propulsore montato in modo erroneo, tanto da doverne pretendere il totale smontaggio e rimontaggio. Pur se, in verità, Giovinazzi non è andato bene nemmeno in P2. Un’ultima considerazione, in conclusione: va dato merito a Liberty Media di avere portato in Formula 1 con l’aiuto dei team tanti giovani promettenti e che stanno facendo bei risultati. Rivedere l’arancione McLaren con un Lando Norris sugli scudi non può che fare piacere e la stessa cosa vale per Alexander Albon sulla Toro Rosso. Il loro esempio serve anche a suscitare nuovo interesse tra i giovani fruitori della F1. Giovani nei cui interessi l’automobile occupa solo il terzo posto, come una recente indagine ha dimostrato, dietro alla tecnologia e i viaggi. Un colpo al cuore per chi – come chi vi scrive – all’età di 18 anni e 1 giorno stava già pensando alla patente. E se nel 2024 la prima ragione di acquisto di un’automobile sarà la connettività, è tempo di svegliarsi e portare nuovi stimoli, quindi. Specie adesso che la Formula 1 ha tagliato il traguardo dei mille Gran Premi, sognando, un giorno, di poter magari narrare il numero duemila.