Il Premio Oertli a Marco Solari
Al termine della (lunga) cerimonia per la consegna del Premio Oertli a Marco Solari, ieri al Monte Verità il professor Renato Martinoni ha raccontato un episodio curioso. Dovendo riservare una stanza in un albergo di Zurigo, si è rivolto al suo interlocutore al telefono, come logica ed educazione suggeriscono, in tedesco. All’altro capo del filo una voce si è però scusata, aggiungendo di potergli rispondere solo in inglese. Durante la sua (lunga e ricca) laudatio, il professor Marco Baschera, presidente della Fondazione Oertli, ha spiegato la stessa Fondazione «da oltre 50 anni s’impegna a favorire i contatti fra le regioni linguistiche della Svizzera, sostenendo progetti culturali suscettibili di gettare ponti fra le quattro parti del Paese». Attenzione, però: «Non di un Paese che si isola in modo miserabile, come avviene spesso ai nostri tempi, ma al contrario di un Paese che sa trarre un beneficio dal paradosso rappresentato da un’identità nazionale plurilingue». Ecco, un paradosso sembra scorgersi pure in queste due Svizzere; quella che al cuore di Zurigo rinuncia alle lingue nazionali – per fare proprio il “globish”, come lo ha ribattezzato Baschera – e l’altra che vorrebbe isolarsi sempre più, arroccandosi su un’idea di identità asfittica, ignara del valore dell’incontro che sta all’origine di ogni tradizione, tanto più in un Paese multiculturale. E viene il dubbio che qualcosa di misterioso, se non a tratti d’inquietante, le accomuni queste due Svizzere, l’una specchio inconsapevole dell’altra; in uno stagnante brodo di coltura in cui ogni autentico valore (multi)culturale si rivela sacrificato all’omologazione (in)culturale, ai pragmatismi economicisti, ai calcoli di una politica miope, manipolatoria o semplicemente mediocre che, sognando di muri ai propri confini, non si accorge di erigerne altrettanti all’interno. Il Premio Oertli a Solari, «ambasciatore efficace a favore della coesione nazionale», con le parole di Baschera – e aggiungiamo figlio di una Svizzera liberale protesa verso l’esterno – s’inserisce dunque in un dibattito, o meglio conflitto interiore, destinato a segnare il futuro di questo Paese. Dunque, da parte sua Solari è tornato «ai miti, alla storia, alla cultura comuni». Al mito unificatore «della roccia, del sasso, della montagna», visibile in spazi pubblici e privati. E i valori? «Quelli illuministici: libertà, dignità umana, solidarietà sociale, sussidiarietà». Frutto di un incontro, appunto.