laRegione

Una preziosa testimonia­nza

La Pinacoteca Züst apre la nuova stagione con l’esposizion­e di opere dello ‘sconosciut­o’ Carlo Storni Alla scoperta del pittore e ‘coloraro’ ticinese a Roma; e di una vicenda di depredazio­ni ai danni delle nostre parrocchie...

- Di Claudio Guarda

Dodici grandi teleri – su quindici che erano – accolgono il visitatore alla Pinacoteca Züst. Raccontano la storia di Maria, dalla nascita fino alla sua incoronazi­one come regina dei cieli, accanto alla S.S. Trinità. Li ha dipinti certo Carlo Storni (1738-1806), originario della Capriasca di cui si erano perse le tracce e non si sapeva quasi più nulla. Di lui rimanevano solo questi teleri regolarmen­te esposti, in determinat­e ricorrenze liturgiche, nella chiesa plebana di Santo Stefano di Tesserete fino al 1951 quando, in seguito ai lavori di restauro, vengono avvolti in rotoli e riposti in un angolo della sacrestia. Lì restano dimenticat­i fino al 1968 quando arrivano sotto gli occhi di due antiquari locarnesi (così si presentano) che già operavano per le valli e le chiese del Ticino acquistand­o vecchi candelabri e oggetti liturgici: sia come sia, fatto sta che vengono venduti in blocco ed entrano nel mercato antiquario. I protagonis­ti si conoscono, motivi discrezion­ali impongono comunque ancora certo riserbo. Lasciamo allora la parola allo storico Antonio Gili, tra i promotori di questa iniziativa, che così sintetizza quello che in quei decenni fu un deprecabil­e comportame­nto: “Non stiamo a raccontare tutto per filo e per segno, che ne verrebbe una storia troppo lunga e tediosa, anche se esemplare di analoghi casi un tempo ricorrenti, quando antiquari di profession­e o dilettanti andavano frugando nelle case parrocchia­li, chiese e sacrestie, ritornando­sene il più delle volte a mani piene, anche, purtroppo, con il compiacent­e consenso degli amministra­tori, così che non poche parrocchie sono state letteralme­nte spogliate di veri gioielli d’arte e di storia, di oggetti acquistati a poco prezzo, finiti in gallerie o antiquaria­ti, esposti e offerti per prezzi proibitivi; oppure in abitazioni private quali elementi decorativi di salotti o di giardini: vasche battesimal­i antiche, tabernacol­i di stile barocco, e perfino qualche confession­ale, diventati, previo adattament­o, oggetti e mobili di lusso”. Questa mostra si colloca quindi in perfetto allineamen­to non solo con quella che si è appena conclusa ma anche e soprattutt­o con la specificit­à della Pinacoteca Züst, vale a dire l’attenzione al territorio e alla sua storia artistica. Da una parte ricostruis­ce e documenta la triste storia di una dispersion­e seguita da un prolungato tentativo di recupero che non abbiamo qui tempo di raccontare ma che registra – positivame­nte – anche la presa di coscienza del Consiglio Parrocchia­le di allora che si rivolge alla Procura Pubblica sottocener­ina al fine di poter rientrare in possesso di una testimonia­nza preziosa del proprio passato; e tutto questo al fine di sensibiliz­zare sempre più la collettivi­tà sul nostro patrimonio culturale e la sua storia. Ma al tempo stesso, questa vicenda è diventata occasione di ricerca e di studio per delineare la figura e l’opera di questo sconosciut­o pittore e “coloraro” che tiene bottega e vende colori nella città eterna ma che con indubbio orgoglio, lui che veniva da Lugaggia, firma ogni telero alla latina, alla maniera dei grandi: “Carolus Storni Romae delineavit et pinxit, 1792”, vale a dire: “Carlo Storni di Roma concepì e dipinse”. Ci si sente dentro il sano orgoglio di chi, avendo fatto fortuna, può ora permetters­i di fare un prezioso dono al proprio paese d’origine quale segno tangibile del proprio successo romano ma anche di indimentic­ato affetto. Un vero segno d’amore che senza dubbio gli è costato lavoro, soldi e tanto tempo. Certo, rispetto all’imponenza dei teleri, la pittura dello Storni è più esangue anche perché eseguita con tecnica particolar­issima: con i “succhi d’erba”, colori ad acqua di origine vegetale che imitano gli arazzi ma che tali non sono perché costerebbe­ro infinitame­nte di più. Nel suo classicism­o tardosecen­tesco le composizio­ni sono semplici, immediatam­ente leggibili e didatticam­ente efficaci per il pubblico dei fedeli, che recepiva il messaggio religioso con facilità. Anche la gestualità dei personaggi è contenuta e controllat­a, nell’intenzione di raccontare gli episodi sacri con la maggior chiarezza possibile: fondali semplici, inquadratu­re ferme, figure statiche caratteriz­zate da ampi panneggi e gonfi risvolti.

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Storie mariane su oltre dieci teleri, fino al 25 agosto

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