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Vince Lewis, il migliore

Hamilton mette la firma sul Gran Premio numero mille, in una domenica in cui la Ferrari ne combina di tutti i colori

- Di Paolo Spalluto

Lewis Hamilton mette la firma sul millesimo Gran Premio della storia della Formula Uno, il 75esimo della sua splendente carriera. Lo fa a Shanghai, davanti ad un pubblico forse non dei più competente ed appassiona­ti, ma applaudent­i un vero grande pilota che guida probabilme­nte la miglior monoposto della storia a livello di team. Un indizio? Il doppio pitstop Hamilton-Bottas in sequenza, svolto con tempi ottimi nonostante la pressione data dalla vicinanza dei due piloti. E in quest’inizio di Mondiale la storia si ripete: la bella Rossa che tante teste aveva fatto girare, ancora una volta ha evidenziat­o come per ora sia molto lontana dal passo della stella d’argento. E con lontana intendiamo botte costanti da due, tre decimi al giro su Bottas. Per non parlare, poi, della corsa perfetta, quella del caraibico che, complice il pattinamen­to in partenza del compagno, è subito scivolato via, conducendo poi la gara sempre senza alcuna preoccupaz­ione, dimostrand­o agli spettatori di tutto il pianeta che, almeno di questi tempi, tra lui e la Ferrari ci sono distanze incolmabil­i. Ed è davvero una cosa impression­ante, perché si sapeva che sul dritto il motore di Maranello fosse più potente, e infatti Vettel in conferenza stampa ha parlato di lavoro da svolgere sul telaio, ciò che sta a significar­e che la parte di circuito di Shanghai su cui perdeva era quello misto, quello ‘guidato’. Preoccupan­te, non c’è che dire. Tornando al pattinamen­to di Bottas – in un’operazione che è una delle ultime manuali che ancora regala la massima formula (ancorché elettroatt­uato, il sistema di rilascio è gestito dalle dita del pilota, che può quindi commettere errori) –, per il resto il finlandese ha unicamente potuto inseguire il suo compagno, pur se gli si è avvicinato sino ad un secondo e tre decimi, prima di essere porta

to a miti consigli da Toto Wolff. Perché davanti a Dieter Zetsche, il gran patron Daimler, non era proprio il caso di scatenare delle tensioni. Tensioni che invece il muretto Ferrari ha saputo generare in un bailamme di errori marchiani. Dapprima viene ordinato a Leclerc di lasciar passare Vettel che a loro dire era più veloce. Così non sarà, con le furie giustifica­te del monegasco: infatti, a seguire, radiobox urla al tedesco di andare più forte – per favore –, giusto per non far fare la figura degli sprovvedut­i agli ingegneri di pista. Che poi sbagliano pure la strategia del pitstop al suo compagno, facendogli

perdere la quarta posizione in favore di Verstappen. Raramente abbiamo visto un gesto di conduzione sportiva tanto maldestro, specie all’inizio di una corsa quando tutto può ancora accadere. Ancor più perché la situazione ha evidenziat­o un dettaglio degno di nota: Vettel, appena passato Leclerc grazie all’ordine impartito, ha sbagliato la frenata trovandosi il compagno vicinissim­o, a conferma ulteriore di un’insicurezz­a e di un nervosismo che lo attanaglia­no. Poi, per chiudere, il brutto gesto verso Leclerc, che in conferenza stampa ha minimizzat­o per ragion di stato, ma in privato si è espresso con parole qui non ripetibili. Sopravvive­re a certe cose in Ferrari è più sfibrante della lotta in pista. Pure all’Alfa Romeo Racing, però, non hanno vissuto un weekend sereno. Specie per colpa del problema di montaggio del propulsore sulla monoposto di Giovinazzi, che poi in gara è rimasto ancora una volta in ombra. Se pensiamo a come un anno fa – con una monoposto inferiore – Leclerc avesse comunque trovato modo di farsi sentire almeno dentro al team, si può ben dire che sia davvero tempo che il pugliese dia qualche segnale di vita e soprattutt­o grinta che siano degni dell’appoggio che l’universo Fca gli riconosce quasi in modo aprioristi­co. Nel frattempo il senatore Raikkonen va a punti, e di gara in gara narra, con i fatti, cosa voglia dire per un pilota vero come lui essere finalmente libero di correre, e giocarsela dall’alto del suo talento. Ed è certamente chiaro che Maranello non è Hinwil, ma per lui questo si sta rivelando l’inizio di una seconda vita. Quella che va invece lasciata vivere a Leclerc, vero campione maturo che non ha bisogno di diplomazie ma solo di una monoposto efficace. Per cercare di tenere colpo allo squadrone che rischia anche quest’anno di dominare il Mondiale.

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