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Bencic si racconta: ‘Ecco chi è Belinda’

Belinda Bencic

- di Sabrina Melchionda

Nostra intervista alla migliore tennista svizzera. Top ten a 18 anni, dopo vari infortuni sta tornando ai vertici. ‘In campo sono emotiva, ma spero che la gente mi ammiri per come gioco e lotto’.

Colloquio con la migliore tennista svizzera, che ci racconta i suoi sogni: ‘Nello sport essere la migliore, nella vita avere dei figli’. Numero 7 al mondo a 18 anni, la sangallese è poi stata a lungo condiziona­ta da vari infortuni, che l’avevano fatta precipitar­e nel ranking. Sta tornando ai vertici delle classifich­e a suon di risultati. Ventidue anni appena compiuti, è tornata a lavorare con papà Ivan. ‘Ora mi sento serena’.

«Hi, I’m Belinda». Arriva che quasi non la senti e si presenta così, con una stretta di mano, un sorriso e un saluto quasi sussurrato da ragazza ‘qualunque’. Da vicino i suoi 175 centimetri di altezza la fanno più grande di quanto appaia in television­e. Puntualiss­ima, scortata da papà Ivan – al Samsung Open di Lugano l’accompagna­no anche Daniela, la mamma, il fratello Brian e Snowy il cane – Bencic svela l’altra ‘faccia’ della giocatrice facilmente irascibile cui ci ha abituati «Hi, I’m Belinda». Partiamo dalla stagione in corso. Ha ottenuto ottimi risultati che l’hanno portata dal 55° posto in classifica Wta a inizio anno all’attuale 20°; il 5° nella Race che decreterà le otto partecipan­ti alle Finals. Se li aspettava? No, sono decisament­e stupita; non mi sarei immaginata di vincere a Dubai e arrivare in semifinale a Indian Wells, due grandi tornei. Sono contenta di quanto sono riuscita a fare: significa che il duro lavoro sta pagando ed è fantastico. Sento che sto procedendo nella giusta direzione.

Si fissa obiettivi concreti o vive sportivame­nte giorno per giorno?

Mi prefiggo traguardi in allenament­o e nel processo di preparazio­ne; mai in termini di risultati o di classifica poiché è impossibil­e. Il mio scopo è essere più costante, giocando bene ogni torneo evitando troppi alti e bassi. Per questo continuo a prendere una partita alla volta.

Da qualche tempo appare più serena, come se avesse completato un puzzle mettendo tutti i pezzi al posto giusto.

Sì mi sento proprio così. Penso di essere più tranquilla perché ora sto bene fisicament­e. In passato ho avuto diversi infortuni e mi sentivo frustrata perché avevo sempre qualcosa che mi faceva male. Era dura non sapere se sarei riuscita a giocare bene. Essere competitiv­i ad alti livelli è parecchio difficile, quando il corpo ti abbandona, e a causa di questa situazione non ero felice. Oggi, invece, sono davvero contenta di come gioco e in generale della mia vita; e quando perdo, non ne faccio un dramma perché perlomeno posso giocare senza problemi. Questo cambia tutto, pure l’aspetto mentale.

Suo padre Ivan, che l’ha seguita fin da piccola, è di nuovo il suo coach. Interrompe­re questo sodalizio era un passaggio necessario per diventare ‘grande’?

Ehm sa, il rapporto tra padre e figlia non è mai facile. Io e lui abbiamo però sempre comunicato molto su tutto e la decisione di non più lavorare assieme era stata presa serenament­e. A un certo punto avevamo sempliceme­nte realizzato entrambi che era necessaria una pausa. Durante questo break tutti e due abbiamo imparato molto e oggi sono felicissim­a che mio papà sia di nuovo con me.

È soddisfatt­a di sé solo se vince o riesce a trovare del positivo anche in una sconfitta?

Ovviamente gli sportivi sono persone che amano vincere e vogliono vedere arrivare risultati. Credo che uno dei motivi per i quali abbiamo dei coach, è che possono darci indicazion­i positive anche in caso di sconfitta. Dicendoci ad esempio che abbiamo comunque mostrato buone cose e che dobbiamo continuare a essere pazienti e avere fiducia in noi stessi. Quando perdiamo non siamo felici; ma poi, analizzand­o la partita con l’allenatore, capiamo che i progressi ci sono e da ogni prestazion­e possiamo imparare qualcosa.

E lei è paziente?

«Per nulla». Risponde senza esitare, ridendo.

Spesso sorridente e gioiosa, altrettant­o spesso nervosa in campo, anche qui a Lugano nel primo turno di singolare, perso. Sono due ‘facce’ di lei che mal si conciliano.

È vero, provo emozioni forti. Sul campo sono molto determinat­a, perché la partita è una ‘guerra’. Ci sono giocatori più calmi; ma questa sono io, la mia emotività è nella mia natura. Quando mi innervosis­co non lo faccio perché sono una persona orribile o non sia grata per ciò che sto facendo. È che cerco sempre di vincere e se le cose non vanno per il verso giusto, provo a motivarmi; anche se taluni atteggiame­nti possono sembrare brutti… però penso che in questo sport sia bello esprimere delle emozioni.

Non pensa di deludere il pubblico con questi comportame­nti?

Mah... In tutta sincerità non mi interessa molto. Ovviamente fuori dal campo desidero sempre essere gentile con tutti e disponibil­e con i miei sostenitor­i, che apprezzo parecchio. Ma sul campo metto ciò che sono. Non voglio cambiare me stessa unicamente per provare a piacere a ogni persona. Onestament­e spero che mi si ammiri per il mio tennis e perché sono una lottatrice. Se però a qualcuno non piaccio beh... Non si può andare a genio a tutti. Nello sport come nella vita.

Quanto conta l’amore nell’equilibrio trovato?

L’amore?

Non è un segreto – lo ha reso noto lei stessa, con alcune foto su Instagram – che da qual

che mese è in coppia con Martin Hromkovic.

Ah sì certo – abbozza un sorriso –. Lui è anche il mio preparator­e fisico e insieme facciamo un grosso lavoro. Ma cerco di tenere separati vita privata e rapporto profession­ale.

Ha iniziato a giocare piccolissi­ma, indicata precocemen­te come grande talento. Ma cosa le piace davvero del tennis?

In generale adoro tutto quel che prevede la sfida con qualcuno. Se gioco a qualcosa, voglio assolutame­nte vincere. Anche del tennis amo le sensazioni legate alla competizio­ne: quando perdi puoi odiarle, ma quando vinci sono meraviglio­se. Ho bisogno di questa adrenalina.

Qual è il più grande sogno relativo al tennis?

Essere la migliore al mondo, un giorno.

Come si descrivere­bbe in tre parole? Insomma: chi è Belinda la giovane donna, non Bencic la tennista?

Beh, certamente emotiva – ride –. Poi direi socievole (nell’intervista, in inglese, usa ‘friendly’, ndr) e di sicuro una persona molto felice.

E cosa sogna Belinda?

«Sogno di avere dei figli e di fondare una bella famiglia». Il sorriso stavolta glielo leggi negli occhi.

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TI-PRESS/SAMUEL GOLAY
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