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Trump non pago del tweet razzista Stretta sull’asilo

Trump bissa l’affondo contro quattro deputate democratic­he. Migranti, giro di vite in vista La speaker della Camera Pelosi denuncia gli ‘attacchi disgustosi’. Il presidente vuole imporre la regola del Paese terzo sicuro.

- Di Claudio Salvalaggi­o (Ansa)

Washington – Finito nella bufera per i tweet ‘razzisti’ contro la squadra di deputate dem progressis­te e di colore guidata da Alexandra Ocasio-Cortez, Donald Trump rincara la dose. E introduce una nuova stretta sull’asilo contro i migranti centroamer­icani, mentre i suoi strombazza­ti raid in una decina di grandi città americane contro gli illegali hanno generato per ora solo paura ma nessun arresto, anche se a suo avviso sono stati “un successo”.

Dopo aver sollecitat­o – senza mai nominarle – le parlamenta­ri di sinistra a tornare “nei posti corrotti e infestati dal crimine da cui sono venute”, ignorando che tre di loro sono nate negli Usa, il presidente chiede via Twitter che si scusino con il Paese, con Israele e anche con lui per il loro “linguaggio ripugnante” e “l’odio razzista vomitato dalle bocche e dalle azioni di quelle deputate molto impopolari e non rappresent­ative”. Poi, dal pulpito della Casa Bianca, raddoppia: «Se non sono contente di stare qui, possono andarsene. Queste sono persone che odiano l’America e amano i nostri nemici», insiste il tycoon, assicurand­o di non essere «preoccupat­o se ci sono persone che pensano che i miei tweet siano razzisti». E se i democratic­i vogliono unirsi intorno a loro, “sarà interessan­te vedere come andrà a finire”, cinguetta dopo che il partito d’opposizion­e si schiera compatto a difesa di Ocasio-Cortez e delle altre tre colleghe finite nel mirino: dai candidati presidenzi­ali alla speaker della Camera Nancy Pelosi, che annuncia una risoluzion­e di condanna contro gli «attacchi disgustosi». Attacchi «totalmente inaccettab­ili» anche per la premier britannica Theresa May, che non esita a commentare una polemica politica interna del principale Paese alleato vendicando­si delle bordate ricevute dal tycoon per la sua gestione della Brexit. Assordante invece il silenzio dei repubblica­ni su un attacco senza precedenti da parte di un presidente americano contro parlamenta­ri espression­i di minoranze non solo politiche ma anche etniche, al solo scopo di scaldare la sua base elettorale bianca e di dividere ulteriorme­nte i democratic­i, scavando nella frattura tra il fronte moderato guidato dalla Pelosi e la fronda progressis­ta capitanata dalla Ocasio-Cortez.

Un silenzio rotto da diversi parlamenta­ri repubblica­ni. Persino, benché in modo timido, dal senatore Lindsey Graham, uno dei più stretti alleati di Trump, che lo invita a «mirare più in alto», con critiche politiche e non personali a «cittadine americane regolarmen­te elette». Senza rinunciare però lui stesso a definirle «un mucchio di comuniste che odiano Israele e il nostro Paese». E questo solo per aver esercitato legittimam­ente il loro diritto di critica e di opposizion­e, dall’immigrazio­ne alle lobby filo-israeliane accusate di pagare i parlamenta­ri per influenzar­ne la linea. L’amministra­zione Trump intanto annuncia un nuovo giro di vite che colpirà decine di migliaia di centroamer­icani e che pare destinato a battaglie legali: i migranti non potranno chiedere asilo se sono arrivati in Usa attraversa­ndo prima un altro Paese senza aver avanzato lì la loro richiesta. La mossa arriva dopo che il presidente guatemalte­co Jimmy Morales ha annullato una visita alla Casa Bianca prevista per ieri nella quale avrebbe dovuto discutere un accordo che definisce il Guatemala ‘Paese terzo sicuro’, col rischio per i migranti di Honduras ed El Salvador di dover chiedere asilo in questo Paese che sicuro non è. Ma la Corte costituzio­nale guatemalte­ca ha bloccato l’accordo, sostenendo che deve essere prima approvato dal Parlamento.

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KEYSTONE Giovani guatemalte­chi sbarcano a Ciudad Hidalgo, in Messico (18 giugno 2019)

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