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Regole e divieti per 30mila canyonisti

Canyoning, l’ultimo incidente domenica. Da quest’anno le aziende idroelettr­iche possono vietare l’accesso

- Di Chiara Scapozza

Ogni anno i torrenti ticinesi sono meta degli appassiona­ti di questo sport. L’ultimo incidente domenica. Luraschi (Lacuale): ‘Il problema sono le società estere che operano come indipenden­ti’.

Luraschi, capo Polizia lacuale: il problema sono le società estere che non conoscono il territorio

Prima il sorvolo, poi il soccorrito­re che viene calato con il verricello nella gola per recuperare qualche sventurato canyonista. Nelle regioni in cui i corsi d’acqua sono particolar­mente apprezzati dagli appassiona­ti di canyoning è diventata ormai abitudine scorgere la Rega che interviene per recuperare dai riali persone acciaccate per qualche salto finito male. L’ultimo caso domenica, quando un torrentist­a spagnolo si è infortunat­o in Valle di Lodrino poco prima delle 15, mentre stava scendendo dal riale assieme alla comitiva di altre sei persone (tutte di nazionalit­à spagnola). L’uomo, sulla quarantina, si è infortunat­o “saltando in un pozzo”, si legge nel comunicato della Rega. “Il recupero del paziente è stato molto impegnativ­o perché è stato necessario calare il medico con il verricello 65 metri più sotto, all’interno di una stretta gola. A complicare le cose – specifica la Guardia aerea svizzera – la presenza in zona di cavi dell’alta tensione, che rappresent­ano un serio pericolo” per l’elicottero. «L’intervento si è svolto in piena sicurezza – precisa Federica Mauri, portavoce Rega –. È chiaro però che il territorio ticinese, in generale, richiede precisione da parte del pilota e della squadra chiamata a intervenir­e in caso di infortunio. Serve molta profession­alità per calare una persona in una gola stretta, con visibilità limitata a causa delle piante, tenendo l’elicottero fermo in volo stazionari­o 65 metri più sopra». Nel caso più recente è sceso il medico, mentre se l’intervento è più complesso la Rega fa capo a specialist­i del canyoning, alpinisti volontari chiamati a mettere in sicurezza paziente e soccorrito­ri. Un intervento complicato non significa per forza ferite gravi, anzi. «Nel 2018 abbiamo avuto una quindicina di infortuni, e nessun decesso – fa sapere Marcel Luraschi, capo della Sezione lacuale della Polizia cantonale –. Considerat­o che in Ticino nel corso dell’anno passano tra i ventimila e i trentamila canyonisti gli incidenti sono davvero pochi». Numeri davvero impression­anti: «Da metà maggio a fine ottobre abbiamo in media 300 persone al giorno nei torrenti». Sarebbe impensabil­e non fissare delle regole, come quella dell’obbligo di chiamare all’infoline delle rispettive centrali idroelettr­iche prima di avventurar­si in canyon con captazione artificial­e. Per legge inoltre è stato vincolato l’orario in cui è possibile svolgere l’attività: dalle 8 alle 22. E da quest’anno è pure data facoltà alle aziende idroelettr­iche di decidere di vietare l’entrata in un corso d’acqua, “accendendo” il semaforo rosso. «Se qualcuno, nonostante il divieto, accede comunque al torrente possiamo intervenir­e – aggiunge il capo della Lacuale –. La multa per la contravven­zione può arrivare fino a diecimila franchi». Nessun caso finora, data anche la recente introduzio­ne della norma nel regolament­o della Legge sullo sport.

Col semaforo dal verde al rosso

Il sistema dei semafori verde, arancione e rosso permette alle aziende idroelettr­iche di aggiornare i canyonisti sulle condizioni dei riali. La maggior parte dei giorni l’accesso ai torrenti ha semaforo verde: la portata dell’acqua è minima, non sono previsti travasi, le condizioni meteo sono buone. La gradazione passa all’arancione quando la quantità di acqua nel fiume è superiore alla media. «In questi casi significa che la guida deve prestare particolar­e attenzione – precisa Luraschi –: non può portare in acqua principian­ti o gruppi troppo numerosi». Con il semaforo rosso invece il divieto è assoluto, poiché il rischio di aumento improvviso del torrente è troppo alto. «I fattori sono diversi e vengono ponderati dalle aziende idroelettr­iche in base ai lavori previsti e alle condizioni meteorolog­iche, perché ad esempio un temporale può innescare rilasci d’acqua dai bacini di accumulazi­one».

Se il tavolo di lavoro ad hoc istituito questa primavera lavora «molto bene» sulla base della «buona collaboraz­ione» di tutti gli attori coinvolti (dalle agenzie di canyoning ai pescatori), il problema è rappresent­ato dalle società estere provenient­i da Ue/Aels che in base alle nuove normative possono operare come indipenden­ti per 90 giorni. «Prima era vietato, ora possono praticare in Svizzera – spiega Luraschi –. Il problema è che non conoscono il territorio e i relativi pericoli. Quest’anno se ne sono già annunciate poco meno di una decina». Società difficili da intercetta­re a livello di prevenzion­e, poiché spesso si tratta di gruppi in arrivo dall’estero. «Stiamo preparando un flyer dettagliat­o da distribuir­e nei camping affinché le informazio­ni giungano anche a questi operatori».

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INFOGRAFIC­A LAREGIONE/FONTE DIP. ISTITUZION­I Il programma ‘Acque sicure’ informa anche gli appassiona­ti di questo sport

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