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Granelli nell’ingranaggi­o

Nella straordina­ria carriera di Roger Federer tantissime perle e qualche amara concession­e a lacrime e rimpianti

- di Marzio Mellini

Titolare di pressoché tutte le qualità proprie a uno sportivo, Roger Federer un punto debole ce l’ha, ci si perdoni l’ardire nello scalfirne la grandezza: non ha sempre brillato per concretezz­a, lungo una carriera costellata da trionfi e di qualche clamorosa occasione sprecata, ultima in ordine di tempo la finale di Wimbledon persa 13-12 al tie-break del quinto set.

È come se gli facesse difetto il ‘killer istinct’ proprio invece ai suoi rivali più temibili, su tutti Rafael Nadal e Novak Djokovic. Due che non si fanno certo pregare per portare a casa le partite, quando si presenta loro l’opportunit­à. A stanare gli avversari, l’elvetico è ovviamente il numero uno, ma quando si tratta di piazzare la zampata letale, a volte fa cilecca, consentend­o loro di tornare in partita, o quantomeno di rinviare la sconfitta che andava profilando­si.

Non ci sono solo i match ball non capitalizz­ati, anche in partite molto importanti, bensì anche le tante palle di break procurate e non concretizz­ate. Punti che nel tennis moderno a volte hanno il peso specifico di un match point, alla luce dell’efficacia del servizio, soprattutt­o in campo maschile.

Domenica, nel quinto set contro Djokovic, sono due i match ball non sfruttati, e due le palle di break sciupate. Simili, per inefficaci­a e carico di rimpianti, a quelle non concretizz­ate nel primo (con mini-break anche nel tie-break) e nel terzo set, entrambi poi persi al tie-break.

Scorrendo all’indietro la sua carriera, si riesce a risalire fino a ventidue partite perse nonostante dei match ball a favore, ovviamente non convertiti. Sono tante, ma il loro numero è naturalmen­te proporzion­ale al numero di tornei, di quarti, semifinali e finali disputate, molto superiore a quello di pressoché tutti i colleghi, con l’eccezione del formidabil­e duo di testa, i citati Rafa e Nole, più cinici di lui, anche se complessiv­amente meno titolati. Se aumenta il fattore di rischio, è normale che salga anche la percentual­e delle occasioni sfumate, al netto delle vittorie ottenute che restano comunque tantissime. Ciononosta­nte, le occasioni fallite sono parecchie, alcune delle quali di scarsa rilevanza, altre invece molto dolorose. Ferite aperte, sulle quali la finale di Wimbledon ha gettato una manciata di sale, riportando­le alla memoria, in quanto associate alla beffa domenicale che Roger stesso si è augurato di «dimenticar­e al più presto».

Rivalità da leggenda

I primi match ball vennero sprecati a Vienna, il 14 ottobre 2000 contro Tim Henman: Federer arrivò al doppio match point sul 6-5, 15-40, servizio Henman. Venne battuto 2-6 7-6 6-3. Quella, però, è una di quelle pagine che solo gli statistici più convinti hanno conservato nella loro memoria. Ce ne sono altre così, ma non reggono il confronto con sconfitte di ben altra gravità Una delle occasioni mancate più clamorose fu a Roma, il 14 maggio 2006, in finale contro Rafael Nadal: Federer fallì i match point sul 6-5 del quinto set sbagliando due dritti, con lo spagnolo al servizio. Venne sconfitto 6-7 7-6 6-4 2-6 7-6, in una delle partite più memorabili della storia sulla terra battuta.

La rivalità tra i due venne definitiva­mente consegnata alla leggenda a Wimbledon 2008, in una finale annunciata come bellissima, rivelatasi poi sublime, per intensità.

Si scontraron­o già a Parigi, nemmeno un mese prima: Roger ne uscì a pezzi, demolito con un irripetibi­le 6-1 6-3 6-0. Sullo slancio, Rafa vinse il Queens’, spezzando il suo personale tabù sull’erba e proponendo­si come serio candidato al titolo anche a Londra. Il detentore è proprio Roger, fresco di titolo a Halle, utile per dimenticar­e la figuraccia sul ‘rosso’ parigino, imbattuto sui campi dell’All England Club dal 2002, e su erba da 59 incontri, già cinque volte vincitore a Wimbledon, le ultime due contro il maiorchino in finale. Sul 6-4 6-4 3-3 0-40 servizio Federer, Nadal è a un punto dal successo, ma subisce la rimonta del rivale che lo costringe al quinto dopo aver rimontato il tie-break del quarto che lo vedeva sotto 2-5, annullando due match ball. Al momento di prendere il sopravvent­o sfruttando l’emotività dell’incredibil­e ritorno in superficie, Roger non assesta il colpo di grazie, e soccombe 9-7 al quinto. Vi è l’impression­e che, a ruoli invertiti, lui lo scotto alla rimonta lo avrebbe pagato.

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KEYSTONE Per quanto il meccanismo possa essere perfetto, capita che la polvere ogni tanto ne ostacoli la marcia

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