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I tormenti di un Dem

- Di Lorenzo Erroi

Interno notte. Un salotto spoglio: una poltrona rossa, un poster di Marlene Dietrich, una di quelle lampade di Artemide che piacciono tanto ai radical chic. Sulla poltrona, abbandonat­o come un Socrate morente, un uomo di mezz’età. Ha la barba incolta, indossa solo gli slip e una maglietta sbiadita con la foto di Benigni che prende in braccio Berlinguer. Accanto a lui, sul pavimento, una bottiglia di bourbon semivuota. Musica dal giradischi: Guccini, “io solo qui alle quattro del mattino / l’angoscia e un po’ di vino / voglia di bestemmiar­e”. L’uomo ha il volto pallido riverso sul petto, si fissa le Birkenstoc­k.

All’improvviso degli scatti sincopati ne scuotono il corpo come una marionetta. Inizia a parlare con se stesso ad alta voce. Le prime parole sono solo borborigmi incomprens­ibili. Alterna il falsetto grottesco di Gollum nel ‘Signore degli Anelli’ alla pronuncia ruvida e strascicat­a d’un Tom Waits fallito. GOLLUM – E quindi adesso si va al governo coi grillini, sarai contento eh? TOM WAITS – Ho avuto momenti migliori. Ma almeno… (manda un colpo di tosse grassa)… bah, almeno non abbiamo consegnato il Paese alle destre. GOLLUM – “Consegnato il Paese alle destre”, ma come parli? Sembri Bertinotti. TOM – Mi manca perfino lui, lo sai? (Fissa per un attimo un punto lontanissi­mo.) Poi guarda, immaginati Salvini al governo: porti sigillati, razzismo, antieurope­ismo. Ci siamo presi le nostre responsabi­lità.

GOLLUM – Ma la smetti di parlare come un portavoce di Renzi? Ma quale “nostra responsabi­lità”? Gli italiani devono poter scegliere, altrimenti poi quando si vota pigliamo l’ennesima mazzata.

TOM – (Si gratta la barba.) Guarda che la Costituzio­ne…

GOLLUM – Lo so. LO SO che la Costituzio­ne dice che si elegge il Parlamento e non il Governo. Resta il fatto che siamo stati al governo dal 2011 al 2018 e non ci ha mai voluto nessuno. Un altro regalo a Salvini.

TOM – Beh, aspettiamo. (Accende una Marlboro.) Magari fra qualche mese lo trovano a letto con Putin e finisce lì. GOLLUM – “You’re innocent / when you dream…” TOM – E magari intanto riusciamo a farlo, qualcosa di buono. GOLLUM – Coi grillini!? TOM – Sì, coi grillini. (Prende un sorso dalla bottiglia ai suoi piedi.) In fondo anche loro hanno qualche idea di sinistra. GOLLUM – I grillini, di sinistra? È ora che smetti di bere.

TOM – E allora il reddito di cittadinan­za, Quota 100?

GOLLUM – Guarda che questi ci hanno sparato addosso per il Jobs Act, e poi hanno fatto il ‘decreto dignità’ che ammazza il mercato!

TOM – Ma chi sei, Milton Friedman? (Sorriso amaro.) Son più di sinistra di noi. GOLLUM – Ma figurati, così socializza­no solo la miseria. TOM – (Spegne la sigaretta in un tumbler ricolmo di mozziconi.) Tu ancora stai a Clinton e Blair, vero? GOLLUM – Almeno ero giovane. Ma poi fosse solo l’economia.

TOM – Quoi d’autre, mon frère? GOLLUM – Quoi d’autre? Putin, Maduro, no-Nato, no-Tav, no-Vax, no-euro, abolizione della prescrizio­ne, manette a sfare! E chi è che ha detto per primo ‘taxi per migranti’?

TOM – Di Maio. GOLLUM – Appunto. E Toninelli ha detto che Open Arms era in malafede. TOM – Eh, dai, sarà stato l’opportunis­mo del momento. Lo sai com’è fatto l’uomo. (Sputa in un piattino da tè.) Poi stavano con Salvini.

GOLLUM – Ma infatti, stavano con Salvini! E adesso stanno col Pd! Erano quelli che ci dicevano ‘il partito di Bibbiano’, ‘fanno l’elettrosho­ck ai bambini!’. E noi rispondeva­mo ‘mai con questi qua’. Roba di due settimane fa, eh, mica l’Ungheria del ’56…

TOM – (Stappa una bottiglia di birra con l’accendino.) La politica è compromess­o. GOLLUM – Andreotti, esci da questo corpo! TOM – Eddài. Poi adesso è un movimento diverso. Si normalizza­no. Guarda Conte.

GOLLUM – Sì, perché uno diventa statista in un quarto d’ora, ai tempi supplement­ari poi.

TOM – Piace a tutti. GOLLUM – Ah, quello sì. Perfino Trump l’ha elogiato: per la proprietà transitiva, è come se avesse limonato con Zingaretti. Se non ti sembra assurdo, fatti vedere da uno bravo. TOM – Ho capito, ma non è che puoi fare il purista, qua siamo messi peggio della mia Hooker in Minneapoli­s. Roba che usciamo dall’euro, mica noccioline.

GOLLUM – Esagerato. Figurati se gli imprendito­ri del Nord glielo permettono, a Salvini.

TOM – (Altra sigaretta, altro sorso, altro sorriso amaro.) Ma tu li hai presente, gli imprendito­ri del Nord? GOLLUM – Ecco, il classico comunista che pensa che ogni industrial­e sia un padronazzo. TOM – È che secondo me sei un po’ troppo ottimista sulla… (una tosse fortissima gli scuote tutto il corpo)… sulla tenuta istituzion­ale.

Il disco di Guccini finisce, il ‘toc-toc’ della puntina a fine corsa rimbomba ossessivo dalle casse acustiche. L’uomo non si alza, il suo respiro si fa affannoso. Dalla finestra arrivano le prime luci dell’alba. Un rictus pare scuoterlo all’improvviso.

GOLLUM – Ci siamo fumati vent’anni di Berlusconi, e siamo ancora qui. La situazione è grave, ma non è seria.

TOM – Lo stellone di Flaiano.

GOLLUM – Appunto. Abbiamo avuto un anno di populismo doppia dose, non mi pare che il Paese sia rovinato.

TOM – Una parola sola: Weimar (indica con gesto fugace il poster di Marlene).

GOLLUM – Cosa c’entra. Periodo diverso, nazione diversa.

TOM – (Solleva un braccio, spalanca la mano come un predicator­e. Urla con voce roca, come per una maledizion­e:) WE-III-MAAAAAAAR! GOLLUM – Vabbè, vabbè. Weimar. Calmati. Magari anche allora certi compromess­i ci avrebbero salvato, eh. Poi guarda l’America: hanno Trump, ma mica son collassati. La Fed, la Corte Suprema, il Parlamento: hanno tenuto botta. TOM – Ma l’America è un Paese serio. Noi siamo la versione Alberto Sordi. GOLLUM – Classico buttarsi via dell’italiano provincial­otto che se la tira da cosmopolit­a. Gli italiani son sempre gli altri, aveva ragione Cossiga. TOM – Colpito e affondato. (Spegne la sigaretta sul pavimento.) Ma intanto abbiamo dato una bella botta a Salvini. (Gli occhi arrossati s’illuminano.) Hai visto come gli è passata la ghigna? È l’ombra di se stesso. GOLLUM – Eh, appunto. Non si poteva votare e contarsi, nel frattempo? TOM – Troppo presto, dobbiamo fare il proporzion­ale. E tagliare le poltrone dei parlamenta­ri. GOLLUM — ‘Tagliare le poltrone’! Cosa sei, un grillino da bar? Guarda che ne abbiamo meno che in Svizzera, se fai le proporzion­i.

TOM – Cosa c’entra, la Svizzera è… GOLLUM – … un piccolo federalism­o, vabbè. Ma allora a maggior ragione: meno parlamenta­ri, meno rapporti col territorio. TOM – (Sorriso itterico.) Spiegalo alla gente. GOLLUM – La gente va guidata, mica assecondat­a. TOM – Ma se sei tu quello che vuole votare a tutti i costi… GOLLUM – Ah, hai ragione.

TOM – “Io, è un altro”.

Ormai il sole proietta nella stanza una luce da dipinto di Hopper. Dallo stereo parte ‘Lili Marleen’: “Vor der Kaserne, vor dem großen Tooor…”. L’uomo chiude gli occhi. La bottiglia di bourbon gli cade di mano e va in frantumi sul pavimento. Una donna in vestaglia rossa, svegliata dal rumore, si avvicina e gli accarezza la testa.

Sipario.

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