laRegione

Rispunta la pistola di via Odescalchi

- Di Stefano Lippmann

Droga, nomi e luoghi ricorrenti, una pistola. L’ennesima condanna per infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacen­ti, a cui si aggiunge il ripetuto riciclaggi­o di denaro. Ieri è stata la volta di un 30enne cittadino albanese residente in Italia, a pochi chilometri dal confine elvetico, comparso davanti alla Corte delle Assise correziona­li di Mendrisio presieduta dal giudice Mauro Ermani. Un padre di famiglia che – parole del giudice – «frequentav­a degli ambienti che non vanno bene. E non ha capito niente nemmeno quando le hanno puntato una pistola contro». Un’arma, la stessa che ha esploso i mortali proiettili di via Odescalchi a Chiasso. Un omicidio, quello avvenuto nell’ottobre del 2015 che ha portato alla morte di un 35enne portoghese, una vicenda strettamen­te legata al mondo della droga. Quattro i condannati per quell’azione criminale, tra cui l’autore materiale dell’omicidio, un 29enne svizzero-kosovaro che, in Appello, si è visto aumentare la pena a 15 anni e 6 mesi di carcere. Una pistola che, come detto, nello stesso anno ha visto bene anche l’imputato comparso in aula ieri: in un’auto, mentre gliela puntavano. E malgrado ciò, ha comunque deciso di darsi da fare nel settore. Fino al suo arresto, lo scorso febbraio, quando al penitenzia­rio della Stampa ha ritrovato lo svizzero-kosovaro. Destini incrociati, di nuovo, dietro le sbarre, con conseguent­e trasferime­nto in un carcere d’Oltralpe per evitare eventuali problemi. In sostanza, da ottobre 2016 sino al gennaio di quest’anno, il 30enne ha intenziona­lmente aiutato a importare in Svizzera e alienare quasi 600 grammi di cocaina. Il suo ruolo, si apprende leggendo l’atto d’accusa firmato dal procurator­e pubblico Pablo Fäh, era nella maggior parte dei casi quello di interprete. In sostanza l’uomo metteva in contatto persone di lingua madre albanese con gli interlocut­ori italofoni. Spettava a lui, insomma, recepire le informazio­ni dagli albanesi – non identifica­ti – e poi trasmetter­le a un cittadino italiano di 40 anni, incaricato di effettuare i trasporti di polvere bianca. Uomo, quest’ultimo, comparso in aula lo scorso 6 maggio e condannato, anche lui per infrazione aggravata alla Legge federale sugli stupefacen­ti, a 34 mesi di carcere parzialmen­te sospesi. ‘L’interprete’ – difeso dall’avvocato Marcello Biaggi – nel fare i conti con la giustizia, è stato condannato a 24 mesi di carcere sospesi per un periodo di prova di 3 anni, oltre all’espulsione dalla Svizzera per 6.

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Affari di droga

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